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I problemi di Uber tra class action, scioperi e Uber files

L’azienda sta vivendo un periodo particolarmente delicato

E dire che, poche settimane fa, sembrava essere scoppiata la pace (almeno in Italia) tra i tassisti e Uber.

Come vi avevamo riportato in un altro articolo, si era arrivati a uno storico accordo tra la compagnia di noleggio con conducente e ItTaxi, il principale consorzio del settore in Italia. Accordo che, in sintesi, si basa sull’utilizzo reciproco delle due app: su quella di ItTaxi compaiono anche le chiamate di chi prenota con Uber, e viceversa. Ma in questo secondo caso le chiamate vengono girate al consorzio, e Uber trattiene il 6% delle corse.

Si è partiti a giugno a Roma, e l’idea è di estendere la partnership ad altre città.

Ma qualcosa non ha funzionato, e i tassisti sono tornati in piazza contro la società di noleggio con conducente. Che deve affrontare altri due grossi problemi: i cosiddetti Uber files, e una class action tramite cui più di 500 donne hanno mosso accuse pesantissime contro i conducenti di Uber.

Vediamo uno per uno questi guai, partendo dal più recente e clamoroso: la class action contro Uber.

uber

La class action contro Uber

La notizia è clamorosa. Circa 550 donne hanno fatto causa a Uber, denunciando gli autisti che le avrebbero molestate o violentate. A rendere pubblica la notizia è stato lo studio legale che sta seguendo la class action, e che ha presentato la denuncia presso un tribunale di San Francisco.

Il documento è stato riportato nella giornata di giovedì 14 luglio da Abc news. Si leggono cose sconcertanti. Le 550 donne, di diversi stati americani, “sono state stuprate, aggredite sessualmente, maltrattate, perseguitate, molestate o attaccate dagli autisti Uber che le accompagnavano”.

Gli abusi sono avvenuti tra il 2015 e il 2022. Gli avvocati hanno inoltre dichiarato che sono al vaglio altre 150 possibili aggressioni di matrice simile.

La class action contro Uber è stata resa pubblica a due settimane dalla pubblicazione di un rapporto sulla sicurezza da parte di Uber. Nel quale si rivela che nel biennio 2019-020 ci sono stati almeno 3.824 episodi di violenza sessuale, dal bacio non consensuale alla stupro.

Uber si difende

La società di noleggio con conducente si difende. “L’aggressione sessuale è un crimine orribile e prendiamo sul serio ogni singola segnalazione. Non c’è niente di più importante della sicurezza, motivo per cui Uber ha creato nuove funzionalità di sicurezza, stabilito politiche specifiche ed è stato più trasparente in merito a gravi incidenti.

Anche se non possiamo commentare le controversie pendenti, continueremo a mantenere la sicurezza al centro del nostro lavoro”.

Gli Uber files

Il nome è tutto un programma, perché riecheggia i Facebook files. Ovvero le 10.000 pagine che hanno rischiato di mettere in ginocchio Mark Zuckerberg.

Degli Uber files ci siamo occupati in un altro articolo. Si tratta di una serie di documenti, da cui emergono condotte scorrette dell’azienda dal 2013 al 2017.

I 124.000 documenti ufficiali, pubblicati in prima battuta da The Guardian, mostrano forti pressioni a media e personaggi politici per ottenere vantaggi.

Nel mirino è finito addirittura il presidente francese Emmanuel Macron (allora ministro dell’Economia), che avrebbe tentato di modificare una legge per favorire l’azienda di noleggio con conducente.

Dai documenti traspaiono anche rapporti tra Uber e l’allora primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, l’allora primo ministro irlandese Enda Kenny e l’allora presidente dell’Estonia Toomas Hendrik Ilves. Oltre all’allora vicepresidente americano Joe Biden.

Inoltre, Uber aveva fatto installare nei suoi computer il cosiddetto “kill switch”, un sistema in grado di rendere inaccessibili tutti i computer di una specifica sede, in caso di controlli. Sistema applicato con una certa sistematicità almeno in sei Paesi.

Gli scioperi dei tassisti italiani

Come se non bastassero due scandali come la class action di 550 donne e gli Uber files, in Italia sembra che l’idillio tra i tassisti e Uber sia durato davvero poco.

I conducenti di taxi stanno scendendo in piazza per protestare contro il Ddl concorrenza, che minaccerebbe le loro licenze. Pagate a caro prezzo (sino a 170.000 euro in città come Roma e Milano) e che ora, in vista di una liberalizzazione del mercato, potrebbero perdere di valore.

L’articolo 10 del Ddl concorrenza prevede infatti che il Governo possa intervenire (entro sei mesi, se la norma venisse approvata) per un “adeguamento dell’offerta di servizi alle nuove forme di mobilità che si svolgono mediante applicazioni web che utilizzano piattaforme tecnologiche per l’interconnessione dei passeggeri e dei conducenti”.

Ciò significherebbe implicitamente, ma nemmeno troppo, un via libera a Uber.

Le tensioni si sono poi inasprite quando anche in Italia è arrivato l’eco degli Uber files, che avrebbero dimostrato come un servizio già fortemente penalizzante per i tassisti si sia fatto largo a suon di mosse non sempre al di qua della legalità.

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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