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Perché il passaggio alle auto elettriche NON è scontato

L’Unione Europea ha preso una decisione epocale, annunciando il bando della vendita di auto endotermiche entro il 2035. Questa mossa strategica mira a favorire l’adozione di veicoli a zero emissioni, abbracciando le auto elettriche e dicendo addio ai combustibili fossili. Qualcosa che anche il testo recentemente approvato alla COP 28 vuole ottenere: un impegno fondamentale per contenere i danni creati dal cambiamento climatico. Ma il passaggio ai veicoli elettrici non è affatto scontato: ci sono diversi punti interrogativi da risolvere.

Auto elettriche: perché la transizione energetica NON è scontata

Il passaggio ai veicoli elettrici nasce da un’esigenza reale e importante. Il clima del nostro pianeta sta mutando rapidamente per via dell’inquinamento prodotto dai combustibili fossili. E il 15% delle emissioni totali di CO2 in Europa proviene dal settore automobilistico, che contribuisce al 25% del peso complessivo delle emissioni generate nel nostro continente dal settore del trasporto.

Questo cambio di rotta comporta conseguenze di portata mondiale, evidenziando una complessa intersezione tra la sfera geopolitica e quella economica. In altre parole, se dal punto scientifico non ci sono dubbi sul fatto che serva un vigoroso intervento per limitare i danni che l’inquinamento porta al pianeta, la strada da intraprendere è complessa. E soprattutto nel settore automobilistico, controversa.

Auto elettrica, in Italia le vendite sono al palo, ma incuriosisce, fonte DepositPhotos

Una trasformazione radicale come quella richiesta dall’Europa è fattibile? Riuscire a rinnovare completamente un’industria con oltre 100 anni di storia non è affatto semplice. Gli ultimi dati, positivi, parlano di un 22% di nuove immatricolazioni elettriche. Ma i veicoli a benzina, gasolio, GPL o metano in circolazione sono ancora la stragrande maggioranza.

Inoltre, c’è il reale interrogativo sulla possibilità di rendere anche il processo produttivo privo di emissioni. Che richiede un investimento importante nella produzione di batterie – dove l’Europa non brilla come nel settore automobilistico.

Il ruolo cruciale delle batterie nella transizione energetica

Non si può parlare di auto elettriche senza discutere di batterie e del loro metodo di ricarica. Infatti, se abbiamo visto che i motori elettrici possono competere e persino superare gli endotermici in diverse prestazioni, la durata della batteria da tempo rappresenta il limite principale. Ma non si tratta solo dei problemi tecnici: il vero rischio riguarda l’approvvigionamento delle risorse.

I combustibili fossili non faranno parte del nostro futuro. Il documento firmato alla COP 28, l’assemblea internazionale sul clima, ha sancito la necessità di una “transizione” dalle fonti fossili nei sistemi energetici. Sebbene gli attivisti del clima volessero utilizzare la parola “phase out” (un’eliminazione graduale), si è arrivati al compromesso su “transictiong away” (transizione). Le Nazioni Unite si danno come obiettivo il 2050 per tutto il tessuto economico, ma in Europa per il settore automobilistico bisognerà correre e chiudere entro il 2035.

L’uso di combustibili fossili nei veicoli inquinava sia durante l’estrazione che durante il consumo. Inoltre, dava una forte leva geopolitica ai Paesi produttori, che più di una volta hanno alzato il prezzo del petrolio per motivi strategici. Ma anche le batterie hanno problemi di diverso tipo.

I problemi nella produzione delle batterie

Batterie cinesi, dopo il gas è la nuova dipendenza dell'Europa, fonte DepositPhotos

La produzione delle batterie richiede materiali come litio, cobalto e terre rare, difficili da estrarre e altamente inquinanti se non smaltiti correttamente. Al momento, la Cina detiene una posizione di rilievo nella loro disponibilità: non solo ha risorse interne, ma diverse corporazioni cinesi scavano miniere in diverse parti del mondo, come in Congo, primo produttore al mondo.

Con le tensioni fra Occidente e Cina che crescono, trovare nuove fonti di approvvigionamento diventa imperativo. Anche perché le attuali risorse non saranno sufficienti a soddisfare la crescente richiesta dell’industria automobilistica ed elettronica.

Alcuni di questi materiali, come il cobalto, potrebbero essere efficacemente riciclati: ma questo processo non sempre risulta semplice da mettere in pratica. E siamo piuttosto indietro nell’implementarlo: i programmi di smaltimento di prodotti elettronici e quelli dei rivenditori di auto al momento non bastano. Va detto però che numerose aziende stanno investendo nell’espansione delle conoscenze e nelle tecnologie per il riciclo di tali materiali. Ma dobbiamo sbrigarci, se vogliamo vendere solo auto a zero emissioni dal 2035.

Inoltre, c’è il fattore economico. In Europa, la competenza nella produzione di auto non si traduce automaticamente nella capacità di produrre efficientemente batterie. Questo ha influito sul costo elevato delle auto elettriche, soprattutto nel nostro continente. Cosa che le rende ancora un lusso per molti automobilisti. Senza nemmeno tener conto della dipendenza dalla Cina per l’approvvigionamento di tecnologie cruciali.

Auto elettriche nel 2035: la questione della ricarica

Sette case automobilistiche uniscono le forze e creano una rete di ricarica in Nord America, fonte ufficio DepositPhotos

Un secondo punto critico riguarda l’infrastruttura di ricarica. Nonostante ci siano circa 45.000 punti di ricarica in Italia, la creazione e l’espansione di una rete di questo genere richiedono sforzi considerevoli, soprattutto considerando la scadenza imminente del 2035. Non tanto per la coda alla colonnine di ricarica pubbliche (anche se non tutti potremo ricaricarle in casa con facilità). Ma soprattutto per come la rete elettrica sarà in grado di sopportare la massiccia transizione verso le auto elettriche.

Con la ricarica a casa, molti potranno sfruttare eventualmente degli impianti fotovoltaici. Ma serve un piano nazionale ed europeo per passare a tecnologie alternative di produzione energetica il prima possibile. Eolico, idroelettrica, solare, geotermico e non solo: dovremmo investire in queste tecnologie per non “spostare” il problema delle emissioni di carbonio alla centrale elettrica, invece che al tubo di scappamento. E nel nostro Paese, che l’anno scorso ha prodotto solo il 31,1% del consumo nazionale con fonti rinnovabili, questo è un problema da non sottovalutare.

La strada complessa verso l’annullamento delle emissioni

La transizione verso le auto elettriche è un percorso costellato di sfide per governi, industrie e cittadini. Questo non significa che non sia importante metterla in pratica, ma serve ricordarci quale sia il problema da affrontare: azzerare o ridurre il più possibile le emissioni di CO2. Quindi bisogna affrontare anche i problemi nella produzione delle batterie e nella distribuzione della ricarica. E restare realisti anche quando si parla di equilibri geopolitici e rivoluzioni di interi segmenti industriali.

In questo contesto complesso, diventa impossibile prendere posizione come se si trattasse di tifo calcistico. La decisione dell’Europa coinvolgerà sfide enormi per l’industria automobilistica, per l’infrastruttura elettrica e per la produzione di batterie, per i governi – sia sul fronte economico che geopolitico. Che faranno discutere sulla loro efficacia e sull’impatto economico. Insomma: la strada sarà complicata. E diventa quindi ancor più importante tenere presente l’obiettivo: azzerare le missioni e fermare il cambiamento climatico.

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Stefano Regazzi

Il battere sulla tastiera è la mia musica preferita. Nel senso che adoro scrivere, non perché ho una playlist su Spotify intitolata "Rumori da laptop": amo la tecnologia, ma non fino a quel punto! Lettore accanito, nerd da prima che andasse di moda.

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