I moderatori di contenuti per Facebook in Europa e negli Stati Uniti stanno chiedendo all’azienda di dare uno stop agli NDA (non-disclosure agreement, gli accordi di non divulgazione). Vogliono parlare delle proprie condizioni lavorative e pensano che queste misure sia attive solo per impedirlo.
I moderatori di Facebook vogliono una fine degli NDA
Gli NDA sono una misura che serve a evitare la diffusione di informazioni sensibili riguardo un’azienda. Per esempio, noi ne firmiamo alcuni quando partecipiamo alla presentazione di un prodotto in anteprima oppure testiamo un nuovo smartphone prima dell’uscita sul mercato. Le aziende fanno firmare questi contratti anche ai dipendenti o ai collaboratori per tutelare le proprie proprietà intellettuali, in modo che nessuno le possa vendere ai rivali.
I moderatori di Facebook pensano però di non essere sottoposti a segretezza perché non si parli delle decisioni prese in fase di moderazione. Credono invece che Facebook e altre aziende tech impediscano di parlare affinché non si sappia delle pessime condizioni di lavoro.
In una lettera indirizzata a Mark Zuckerberg di Facebook e a Sheryl Sandberg di Covalen e Accenture, scrivono: “Nonostante i migliori sforzi per zittirci dell’azienda, scriviamo per pretendere la fine oggi della cultura di paura ed eccessiva segretezza della compagnia. Nessun NDA può legalmente impedirci di lamentarci delle nostre condizioni di lavoro”.
E pare che le condizioni di lavoro di chi modera i contenuti siano davvero pessime. Di fronte al Congresso americano a maggio, la moderatrice Isabella Plunkett ha detto: “I contenuti che moderiamo sono disgustosi. Avrebbe effetto su chiunque. Per aiutarci ci offrono wellness coaches. Queste persone fanno il massimo ma non sono dottori. Suggeriscono di fare karaoke e dipingere. Ma, francamente, uno non si sente di cantare dopo aver visto qualcuno fatto a pezzi con una mazza”.
Per questo motivo la lettera chiede accesso a psicologi e psichiatri. Ma vogliono anche essere assunti direttamente da Facebook, non attraverso subappalti. La lettera ha finora raccolto 60 firme. Potete leggerla nella sua interezza qui.
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