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La giacca robot (morbido) di Dan Preston

Sembra una giacca, ma è un computer

Il nome di Dan Preston può non dirvi nulla in questo momento, ma siamo certi che alla fine di questo articolo farete fatica a dimenticarlo. Questo ingegnere meccanico della Rice University, infatti, ha lavorato alla realizzazione di una giacca tech che funziona secondo i principi della logica, senza usare componenti elettronici di alcun tipo. In particolare, questo capo permette di alzare/abbassare il cappuccio semplicemente premendo un pulsante – ed è persino in grado di memorizzarne lo stato -. Ma no, questa non è l’unicità della giacca ideata da Preston. Quello che vi farà ricordare il suo nome, infatti, è che non contiene batterie, chip o altro. Tutto quanto le serve per essere un oggetto tech è nel tessuto di cui è composta.

Dan Preston, il ricercatore che ha trasformato una giacca in tessuto in un oggetto tech

Come anticipato, oggi farete fatica a dimenticare il nome di Dan Preston. Insieme al suo team di lavoro, il ricercatore è riuscito a trasformare una giacca in tessuto in una sorta di compute indossabile. Come? Tagliando pezzi di nylon taffetà per poi incollarli insieme per formare sacchetti gonfiabili di piccole dimensioni. Collegandoli tra loro con piccoli tubi morbidi, li hanno poi incorporati nella giacca. Pertanto, premendo i pulsanti presenti sul capo, questi azionano un sistema che permette ai sacchetti di gonfiarsi/sgonfiarsi per far salire e scendere il cappuccio. A leggerlo così, si pensa subito al funzionamento di un pneumatico più che a quello di un computer, ma non è così.

Dan Preston

Di base, i singoli sacchetti funzionano come fossero transistor elettronici. “Stiamo solo sostituendo la tensione con la pressione e stiamo sostituendo la corrente con il flusso di un fluido, che in questo caso è l’aria – afferma Preston -. La tecnologia, da quanto sappiamo, ha origine dalle applicazioni di difesa della Guerra Fredda, quando gli ingegneri progettavano dispositivi logici basati sull’aria poiché gli avversari non potevano interferire con essi utilizzando impulsi elettromagnetici. Proprio per questo, la giacca rientra nella categoria dei “robot morbidi“, che sono macchine automatizzate e programmabili realizzate con materiali flessibili come gomma, silicone o tessuto. Un progetto avanguardista, con cui i ricercatori puntano a lavoro in sintonia con gli esseri umani. O per dirla meglio, i “robot morbidi” sono pensati per integrarsi facilmente alle attività umane.

A vederla, infatti, la giacca tech di Preston sembra un capo di abbigliamento piuttosto che un computer. “È molto facile per gli esseri umani adattarsi ad essa e non sentirsi come se stessero indossando qualcosa di strano“, commenta l’ingegnere meccanico Wenlong Zhang dell’Arizona State University. Inoltre, un computer fabric è più resiliente di uno basato sui semiconduttori. Per testarne la resistenza, il team di ricercatori ha posizionato un componente composto da diverse tasche di tessuto in una borsa a rete e lo ha fatto passare in lavatrice 20 volte. E poi lo ha investito con un camioncino Toyota Tacoma del 2002. Il risultato? Tutto perfettamente intatto. Un altro punto a favore, quindi, del progetto di Dan Preston, che potrebbe aiutare le persone con disabilità ad alzare/abbassare il cappuccio. Oltre alla giacca, infatti, il team di ricerca ha realizzato anche una maglia che le supporta nell’alzare il braccio all’altezza della spalla.

E questo è solo l’inizio di un progetto più ampio, con cui il ricercatore punta a rendere la tecnologia disponibile ai consumatori. O a testarla per poterla utilizzare anche in ambito medico. Certo, finora la giacca può eseguire azioni molto semplici, ma la tecnologia che si nasconde dietro i componenti può permettere di realizzare anche gesti più complessi. D’altronde, l’obiettivo del team è quello di creare un abbigliamento che percepisca e risponda ai bisogni di chi lo indossa. E Preston ha tutti i presupposti per riuscire a farlo.

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Chiara Crescenzi

Editor compulsiva, amante delle serie tv e del cibo spazzatura. Condivido la mia vita con un Bulldog Inglese, fonte di ispirazione delle cose che scrivo.

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