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Ecco perché l’auto elettrica è Made in Cina

L’auto elettrica è Made in Cina, ecco perché. Iniziamo da qui. Il Parlamento europeo, con una legge entro il 2035 vieta la vendita di auto a benzina o diesel dal 2035.

Ecco perché l'auto elettrica è Made in Cina, fonte Depositphoto
Ecco perché l’auto elettrica è Made in Cina, fonte Depositphoto

L’auto elettrica, una gara a chi arriva prima negli investimenti

Gli investimenti da parte delle aziende del mondo dell’automotive e non solo. In special modo per quelle americane, ammontano a un totale di 210 miliardi di dollari.

L’amministrazione del presidente Joe Biden, propone entro il 2032 un piano. Dove circa i due terzi delle automobili vendute negli Stati Uniti siano del tutto elettrici.

L’iniziativa fa parte di un progetto più ampio. L’obiettivo è ridurre entro il 2030 le emissioni inquinanti del 55% rispetto ai livelli del 1990. A tal fine si dovrebbe raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050.

Questo comporta un bilancio pari a zero di anidride carbonica immessa in atmosfera.

L’auto elettrica è Made in Cina, ecco perché

Come riporta recentemente il New York Times, nella transizione non solo la Cina ha un ruolo fondamentale. Ma è lei la nazione che detiene il primato della produzione di veicoli elettrici.

In numeri, questa posizione la Cina la guadagna grazie all’alto numero di stabilimenti, aziende e startup attive. Site sia nell’estrazione delle cosiddette terre rare e nella formazione di ingegneri e tecnici per il settore. Sempre secondo il New York Times, “il resto del mondo potrebbe metterci decenni a recuperare il tempo perduto”.

L’investimento cinese nelle terre rare

Nel 2012 la Cina si ritrova a investire nelle terre rare. E l’Unione Europea, Giappone e Stati Uniti chiesero l’apertura di un procedimento contro la Cina presso l’Organizzazione mondiale del commercio. Precisiamo, per terre rare s’intendono i 15 minerali, che sono indispensabili per la produzione di molti prodotti tecnologici. Dagli smartphone ai pannelli fotovoltaici, oltre che i motori elettrici.

Due anni dopo l’ente prese posizione contro la Cina, accusandola di limitare eccessivamente la loro esportazione. Da allora si sono intensificate le ricerche di nuovi giacimenti di terre rare in tutto il mondo: recentemente in Svezia è stato trovato il deposito più grande d’Europa mentre gli Stati Uniti hanno da allora puntato sulla miniera di Mountain Pass, in California, da cui oggi viene tratto circa il 15% delle terre rare globali.

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L’Africa è ricca di terre rare

Quindi non è un caso se la Cina investe da tempo nell’estrazione di terre rare anche al di fuori dei propri confini, soprattutto in Africa, dove ha costruito profonde relazioni commerciali con molti paesi. Secondo l’Observer Research Foundation (ORF), un centro studi indiano, dalla Repubblica Democratica del Congo proviene il 70% del cobalto di tutto il mondo.

Soprattutto, grazie a questa sua influenza. Sempre secondo il New York Times, la Cina continuerà a produrre “il doppio delle batterie di tutte le altre nazioni messe assieme”, almeno fino al 2030.

Ecco perché l'auto elettrica è Made in Cina, fonte Depositphoto
Ecco perché l’auto elettrica è Made in Cina, fonte Depositphoto

La lavorazione del nichel, di cui la Cina controlla il 63% della filiera mondiale, ad esempio, genera rifiuti tossici il cui trattamento è particolarmente costoso, specie per i paesi occidentali dove le norme ambientali sono più rigide.

La Cina è il più grande produttore di batterie al mondo

Nel corso degli anni la Cina ha inoltre costruito un sistema di centri di distribuzione, logistica, industrie e raffinerie che è pressoché impossibile riprodurre altrove. Tra i motivi di questa difficoltà sistemica ci sono le tempistiche – per costruire una raffineria di questo tipo ci vogliono dai due ai cinque anni – ma anche la presenza di una rete di stabilimenti, laboratori e imprese che hanno creato un sistema produttivo unico al mondo nella produzione di elettronica di consumo.

La Cina è il più grande produttore di batterie. Inoltre, controlla buona parte della ‘supply chain’ (la ‘catena dell’approvvigionamento’).

Il componente più importante delle batterie è il catodo, il polo positivo, che è quello più complesso ed energivoro da produrre.

Le imprese cinesi hanno investito in un tipo di catodo alternativo, più efficiente ed economico, in cui si utilizzano litio, ferro e fosfato (dai cui simboli chimici deriva la sigla con cui viene chiamato, LFP). Le batterie di questo tipo stanno sostituendo con successo quelle con catodi a base di nickel, manganese e cobalto (NMC).

Ad oggi negli Stati Uniti viene prodotto solo l’1% dei catodi globali, tutti del tipo NMC, ormai considerato obsoleto rispetto a LFP. Quanto all’Europa, la prima fabbrica in grado di produrre batterie con catodi LFP è stata inaugurata lo scorso aprile in Serbia. A fine maggio, Automotive Cells Company, un’azienda co-finanziata dai gruppi Stellantis, Saft-TotalEnergies e Mercedes-Benz, ha aperto in Francia il primo stabilimento specializzato in batterie per auto elettriche. Ne sono previsti altri due, che saranno costruiti in Germania (a Kaiserslautern) e in Italia (a Termoli), e inizieranno la produzione tra il 2025 e il 2026.

Chi c’è dietro la transizione elettrica cinese

A favorire la transizione elettrica cinese fu anche la nomina al ministero della Scienza e Tecnologia di Wan Gang, ingegnere che aveva lavorato per circa dieci anni per il marchio tedesco Audi. Gang è stato un precoce sostenitore dei veicoli elettrici, tanto che provò il primo modello di Tesla nel 2008, anno della sua uscita.

Dal momento della sua nomina, spiega Technology Review, lo sviluppo dei veicoli elettrici ha sempre avuto la priorità nella pianificazione economica cinese.

I risultati di queste politiche economiche e industriali si fanno vedere nei dati sulle vendite in Cina. Secondo una stima della società di ricerca Counterpoint, nel corso del 2022 le vendite di auto elettriche nel paese sono aumentate dell’87%: una macchina nuova su quattro venduta oggi in Cina è elettrica. A confermare il dominio cinese del settore, i marchi locali controllano l’81% del mercato elettrico. Questi produttori, ancora poco conosciuti in Occidente, sono in grado di superare ampiamente le vendite di aziende occidentali come Tesla, che in Europa e negli Stati Uniti è il principale marchio nel campo elettrico. Tra le aziende cinesi che operano nell’elettrico ci sono BYD (la più grande), Wuling, Chery, Changan e GAC, ma anche startup di recente fondazione come Nio, Xpeng, Neta, AITO, IM Motors e Zeekr.

Il vantaggio della Cina è così evidente e notevole da aver spinto il New York Times a domandarsi se sia ancora possibile, per un’azienda occidentale, costruire un’automobile elettrica senza avere rapporti col paese. Scott Kennedy, consulente del Centro per gli studi strategici e internazionali con sede a Washington, si è detto scettico al riguardo, sostenendo sia impossibile avere successo nel settore “senza un certo tipo di cooperazione, sia indiretta che diretta, con la Cina”.

 

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Barbara Crimaudo

Giornalista tester di due e quattro ruote, con il pallino dell'informatica.

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