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Facebook e la privacy: ancora problemi in Europa

Il DPC irlandese, regolatore della privacy di Facebook, denunciato per corruzione

Ancora problemi per Facebook in relazione alla legge europea sulla privacy. In queste settimane, infatti, la Commissione per la Protezione dei Dati (DPC) irlandese, il principale regolatore di Facebook nell’UE per la protezione dei dati, è stata oggetto di una denuncia penale per corruzione e concussione. L’accusa? Aver limitato la comprensione pubblica dei problemi normativi che affliggono l’attività della piattaforma. Andiamo allora a scoprire più nel dettaglio cosa è successo.

Facebook: il supervisore della privacy in Europa denunciato per corruzione

Di recente il gruppo europeo per la campagna sulla privacy noyb ha presentato una denuncia penale contro il DPC irlandese, accusandolo di corruzione ai sensi della legge austriaca. Secondo noyb, la Commissione per la Protezione dei Dati avrebbe cercato di utilizzare il termine “ricatto procedurale” per impedire al gruppo di pubblicare i reclami relativi al Regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR) contro Facebook. Più nel dettaglio, l’organizzazione no-profit sostiene che il DPC abbia esercitato pressioni affinché firmasse un accordo di non divulgazione “illegale” (NDA). La richiesta sarebbe stata quella di mantenere la riservatezza di tutto il materiale relativo alle obiezioni da parte di altri DPA.

Il DPC riconosce di avere il dovere legale di ascoltarci, ma ora è impegnato in una forma di ‘coercizione procedurale’. Il diritto di essere ascoltati è stato subordinato alla nostra firma di un accordo, a beneficio del DPC e di Facebook. Non è altro che un’autorità che chiede di rinunciare alla libertà di parola in cambio di diritti procedurali”. Così ha affermato Max Schrems, Presidente della noyb. E come se non bastasse, sembrerebbe aver chiesto più di una volta di rimuovere i documenti resi pubblici dal gruppo, senza però chiarire la base legale della richiesta. Appellandosi alla legge austriaca, dove il gruppo ha base, noyb sostiene che non esiste alcun obbligo legale per le parti di mantenere riservati i documenti.

In genere abbiamo rapporti molto buoni e professionali con le autorità. Non abbiamo preso questa cosa alla leggera, ma il comportamento del DPC ha finalmente superato tutte le linee rosse. Fondamentalmente ci negano tutti i nostri diritti a una procedura equa a meno che non accettiamo di stare zitti“. Così ha ribadito Schrems schierandosi contro il DPC irlandese, che ora si ritrova in una situazione alquanto imbarazzante. Già all’inizio dell’anno, infatti, la Commissione ha accettato di finalizzare un’altra denuncia fatta da noyb (relativa ai trasferimenti di dati UE-USA di Facebook). Ma poi ha continuato ad avere problemi dello stesso tipo con il gruppo, che non tollera che il DPC nasconda le “marachelle” di Facebook.

Eppure, nonostante la piattaforma non abbia rispettato le linee europee sulla privacy, fino ad ora soltanto WhatsApp è stata sanzionata con una multa di 267 milioni di dollari. Dal canto suo, Facebook ha presentato ricorso contro tale decisione, ma al tempo stesso ha dichiarato che modificherà la sua privacy policy in Europa. Una piccola vittoria, quindi, per i sostenitori della privacy. Ma noyb vuole andare ben oltre questo. Il gruppo ha accusato il DPC di tenere incontri segreti con Facebook, al fine di trovare una soluzione alternativa per il diritto dell’UE. In una parola, corruzione.

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Chiara Crescenzi

Editor compulsiva, amante delle serie tv e del cibo spazzatura. Condivido la mia vita con un Bulldog Inglese, fonte di ispirazione delle cose che scrivo.

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