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Il sol dell’avvenire: com’è il film di Nanni Moretti

Il sol dell'avvenire è attualmente in programmazione nelle sale italiane, distribuito da 01 Distribution.

«Non ho proprio niente da dire, ma voglio dirlo lo stesso», dice l’alter ego di Federico Fellini Marcello Mastroianni in , monumentale autoanalisi cinematografica ed esistenziale del regista riminese, nonché imperituro termine di paragone per qualunque film che abbia il cinema stesso come principale soggetto. Ad avere ancora qualcosa da dire, nonostante il mondo e il panorama dell’intrattenimento spesso vadano in direzione opposta, è invece Nanni Moretti, che con il suo nuovo lavoro Il sol dell’avvenire si confronta esplicitamente proprio con , senza tuttavia rimanere ingabbiato in una mera replica del capolavoro felliniano.

Due anni dopo l’uscita del glaciale Tre piani, accolto in maniera fredda sia dal pubblico che dalla critica, Nanni Moretti dà vita a una commedia sincera e nostalgica, che si trasforma anche in appassionata celebrazione della carriera del regista romano. Casualmente (o forse no) sono di nuovo tre i piani narrativi su cui si basa Il sol dell’avvenire: il primo è la vita del regista Giovanni (Nanni Moretti), impegnato nella realizzazione del suo nuovo film e al centro di una crisi coniugale con la moglie Paola (Margherita Buy); il secondo è il film che Giovanni sta girando, incentrato sulla reazione di una piccola sezione del PCI alla Rivoluzione ungherese del 1956 e con protagonisti Silvio Orlando e Barbora Bobulova; il terzo è una dimensione onirica e artistica, in cui Giovanni rivede se stesso attraverso una storia d’amore fra due ragazzi, scandita dal cinema e dalla musica leggera italiana.

Il sol dell’avvenire: non un film pessimista sull’amore, ma un film ottimista sulla morte

Il sol dell'avvenire

«Un film pessimista sull’amore». Così Barbora Bobulova parla del film diretto da Giovanni, che attraversa la storia del partito comunista italiano in un amaro cortocircuito temporale con la realtà che stiamo vivendo, anch’essa scandita da un’invasione russa. Il sol dell’avvenire è al contrario un film ottimista sulla morte, in cui Nanni Moretti riversa buona parte delle sue idiosincrasie (i sabot, le pantofole, la violenza gratuita sul grande schermo) e altrettante sue ossessioni (le canzoni pop nostrane cantate a squarciagola in macchina, la cinefilia, la figura materna), tracciando un lucido bilancio artistico di un uomo sempre fuori posto e fuori tempo, ma ancora capace di divertire e commuovere con la sua personale visione del mondo e del cinema.

Spaziando liberamente fra i tre livelli narrativi, Nanni Moretti prosegue la sua rielaborazione del cinema felliniano (già iniziata con Sogni d’oro), omaggiando platealmente il finale de La dolce vita, ambientando il suo film nel film all’interno di un circo e in particolare tornando più volte sul già citato , non soltanto con le riverenze più evidenti (la scena del traffico, i riferimenti al suicidio, la struggente passerella finale), ma anche e soprattutto con l’idea di artista in crisi, che cerca fra sogni, ricordi e fissazioni il bandolo della matassa della sua vita privata e lavorativa.

In un dolce ed esilarante zibaldone, emergono così l’aderenza all’ideologia comunista (ma non alla sua deriva totalitarista), la ferma opposizione allo streaming e ai suoi algoritmi e tante schegge della vita di chi in Caro diario afferma senza mezzi termini «Io credo nelle persone, però non credo nella maggioranza delle persone. Mi sa che mi troverò sempre a mio agio e d’accordo con una minoranza».

Fra Michele Apicella e diarismo

Chi non ha amato la freddezza di Tre piani, in cui un laconico Nanni Moretti si affida un ruolo marginale, per poi scegliere di picchiarsi e infine uccidersi, troverà pane per i propri denti ne Il sol dell’avvenire, in cui il regista è sempre al centro della scena e quasi debordante, rischiando così di rievocare il celebre sfottò di Dino RisiC’è sempre stato troppo Moretti nelle sue opere, tanto da farti venire voglia di dirgli: levati di mezzo e facci vedere un po’ il film»).

Gli appassionati di lunga data del Nanni Moretti Cinematic Universe (definizione che lo farebbe inorridire tanto quanto lo “slow burner”, i “190 paesi” e le scene “What the Fuck” di Netflix) ritroveranno sia la combattività di Michele Apicella sia la riflessività del periodo del diarismo, condite da piacevoli strizzate d’occhio che spaziano dalla pallanuoto al vestiario, dal «mi ricordo» di Palombella rossa alle tirate puriste e un po’ paternalistiche contro le scene di violenza, in una riedizione della celeberrima canzonatura di Henry, pioggia di sangue in Caro diario.

Ma mentre Nanni Moretti/Giovanni/Michele Apicella (è davvero possibile distinguerli l’uno dall’altro?) snocciola pungenti riflessioni su Breve film sull’uccidere di Krzysztof Kieślowski, su The Father di Florian Zeller e sul cinema di John Cassavetes, affiora la consapevolezza che il mondo e il cinema siano irrimediabilmente cambiati, spazzando via storie, conquiste, nevrosi, passioni e ossessioni.

L’ucronia de Il sol dell’avvenire

Il sol dell'avvenire

Il cuore de Il sol dell’avvenire è racchiuso tutto nella lunga e volutamente sfibrante scena in cui Giovanni tiene sotto sequestro l’intero set del film d’azione di un giovane regista che Paola sta producendo, allontanandosi così dal marito non solo dal punto di vista sentimentale e lavorativo, ma anche da quello dell’etica artistica. Al termine di un infinito monologo, interrotto solamente dai cameo di Renzo Piano, Chiara Valerio e Corrado Augias e da quello solo evocato di Martin Scorsese, il protagonista si allontana mestamente dal set mentre si gira la dozzinale scena di violenza contro cui ha combattuto per un’intera notte. La triste resa di un’intera idea di cinema e di narrazione al cambiamento, al “la gente vuole vedere questo”.

Proprio come Guido Anselmi in , Giovanni abbraccia il fallimento, osserva l’abisso del suicidio ma sceglie infine di celebrare la vita, pur con le sue imperfezioni e i suoi limiti, e di celebrare in ultima analisi anche se stesso, senza rinnegare ciò che è stato ma aprendosi al cambiamento, al perdono e all’indulgenza. Accade così che un finale talmente importante e voluto da basare su di esso l’intero film di Giovanni venga totalmente stravolto, sconfinando addirittura in un’ucronia alla Quentin Tarantino esemplare del pensiero politico e sociale di Nanni Moretti, in perenne mutamento ma sempre fedele a se stesso.

Il sol dell’avvenire: i tre piani narrativi di Nanni Moretti

Il sol dell’avvenire non è altro che la malinconica riflessione di un ragazzo invecchiato che non riesce ad adattarsi ai cambiamenti del mondo, e che proprio come i suoi personaggi (come ribadisce ai rappresentanti di Netflix) non cambia mai per davvero, nonostante cerchi teneramente di migliorare se stesso nei suoi sogni misti a ricordi.

Allora meglio gettare la spugna? Giammai. Come l’araba fenice, Nanni Moretti sa sempre risorgere dalle sue ceneri, con un ballo felice e fuori tempo, con una canzone stonata e fuori moda (come è lui nel mondo dello streaming e della serialità) e con una sfilata di tante vecchie conoscenze del suo cinema lungo i Fori Imperiali, nell’ennesima commistione fra realtà e fantasia.

Forse Il sol dell’avvenire sarà sempre considerato il suo ultimo film anche se ne arriveranno altri, proprio come accadrà a The Irishman per Martin Scorsese. Ma Nanni Moretti ha ragione quando dice che questo non è il suo film testamento, perché in quella Storia “fatta con i se”, nelle dichiarazioni d’amore al cinema e nell’accettazione dell’imperfezione e della vecchiaia ci sono i germogli di racconti che non vediamo l’ora di vivere, per fare in modo che quel saluto in macchina finale sia solo un “arrivederci” e non un “addio”.

Il sol dell'avvenire

Il sol dell’avvenire è attualmente in programmazione nelle sale italiane, distribuito da 01 Distribution.

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Marco Paiano

Tutto quello che ho imparato nella vita l'ho imparato da Star Wars, Monkey Island e Il grande Lebowski. Lo metto in pratica su Tech Princess.

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