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Recensione Mega Man 11 – Storia di un umanoide in lotta continua

Trent'anni di robot e scontri fra scienziati

Il gameplay dunque non si mostra particolarmente stupefacente, trascinando con sé parecchi relitti narrativi del passato, ormai diventati una sorta di zavorra che manda a fondo facilmente la giocabilità di un titolo non più considerabile al passo con i tempi. Risulta quindi legnoso nei comandi e nei movimenti e anacronistico nella resa grafica, non tanto per una scelta volontaria di stile e narrazione dal sapore amarcord, ma per il mantenimento di una coerenza con i titoli precedenti che difficilmente trova ancora ampia corrispondenza da parte del grande pubblico. Un attrito amplificato dalla longevità piuttosto breve del titolo e dalla difficoltà nient’affatto complessa, nonostante i quattro distinti livelli .

Pane, bit e (poca) fantasia

Ci possiamo rifare gli occhi almeno da un punto di vista grafico? Più o meno: se la fase tutorial presenta un’interfaccia in stile particolarmente retrò, il resto della storia sfila di fronte ai nostri occhi tra forme ben disegnate, seppure semplici e poco dettagliate, oltre a una creatività che lascia un po’ a desiderare per via di robot, nemici e ostacoli abbastanza simili tra loro da un livello all’altro. Infine notiamo colori fluo molto vivaci i cui natali si ritrovano chiaramente nello stesso portato culturale del Sol Levante che ha dato origine alla storia. Il chiaro gusto semplice, senza pretese e dal deciso calco d’altri tempi viene ribadito anche nella colonna sonora, dalla sinfonia a 16 bit o quasi, senza particolari variazioni sul tema e senza effetti particolari, rimanendo piuttosto sottotono e senza regalarci pezzi dall’insperata memorabilità.

In definitiva, Mega Man 11 si mostra come una ripetizione di quanto già visto in passato, non solo raffrontando questo titolo con la serie a cui appartiene, ma anche con il genere di riferimento. Abbiamo di fronte una manciata di personaggi senza personalità particolarmente tratteggiata, ponendoli come semplici pedine sulla scacchiera di gioco in modo da giustificare il motore propulsore di questa storia. Il fil rouge narrativo è praticamente assente, non abbiamo particolari obiettivi che facciano nascere in noi la brama di raggiungere l’obiettivo finale con tutte le nostre forze.

Abbiamo quindi di fronte a noi un titolo un po’ acerbo, senza lasciare il segno nell’esperienza di un giocatore che cerca qualcosina di poco più elevato di un semplice titolo action senza capo né coda, probabilmente apprezzabile da chi ha conosciuto i primissimi titoli di un franchise rimasto attaccato alla gonna di mamma Capcom che non ha avuto il coraggio di farlo crescere e fortificarsi, lasciandolo a uno stadio del tutto ingenuo e piuttosto inconsistente.

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Francesca Sirtori

Indielover, scrivo da anni della passione di una vita. A dispetto di tutti. Non fatevi ingannare dal faccino. Datemi un argomento e ne scriverò, come da un pezzo di plastilina si ottiene una creazione sempre perfezionabile. Sed non satiata.

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