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Google e Universal verso l’accordo per produrre musica con l’intelligenza artificiale

Trattative per una partnership che segnerebbe una svolta

Non ditelo a Nick Cave. Il quale (con la buona dose di ragione, ne riparleremo) si era espresso in modo non troppo lusinghiero su un brano prodotto dall’IA che avrebbe proprio mimato il suo stile.

Non diteglielo, ma anche nella musica l’intelligenza artificiale generativa (cioè capace di produrre nuovi contenuti) sta inevitabilmente prendendo campo. Proprio come sta avvenendo per i testi e per le immagini.

E ciò che potrebbe accadere in un futuro prossimo segnerebbe un punto di svolta, che aprirebbe a chissà quali nuovi orizzonti, e che certamente farebbe storcere il naso ai puristi, agli amanti di chitarre acustiche, concerti unplugged e vinili scoppiettanti.

Due giganti rispettivamente del comparto tech e dell’industria musicale, Google e Universal Music Group, sono infatti in trattative per la musica prodotta con l’intelligenza artificiale. Anche se i detrattori preferiscono la locuzione musica deepfake. Scopriamo meglio cosa sta accadendo.

intelligenza artificiale musica

Partono le trattative Google-Universal per la musica prodotta da intelligenza artificiale

È stato il Financial Times, nella giornata di mercoledì 9 agosto, a riportare per primo la notizia.

Secondo cui Google e Universal sarebbero in trattative per la concessione in licenza di melodie e anche di voci degli artisti rappresentati, per generare musica con l’intelligenza artificiale.

Detta così, si ha subito l’impressione di essere davanti a una possibile svolta epocale, che riguarderebbe più di un aspetto. Musicale, certo, ma anche contrattuale, e addirittura culturale.

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Secondo il quotidiano britannico anche un’altra major discografica, la Warner Music, starebbe discutendo con Google del medesimo argomento. E proprio l’ad di Warner Music, Robert Kyncl, ha recentemente dichiarato che “con la giusta struttura” l’IA potrebbe “consentire ai fan di godere della musica dei loro artisti preferiti attraverso un nuovo livello di contenuti guidati dagli utenti”.

Come potrebbe funzionare?

Né Google né Universal hanno rilasciato dichiarazioni in proposito.

Ma le trattative riguarderebbero anche lo sviluppo di uno specifico strumento che consenta la produzione di musica creata dall’intelligenza artificiale partendo dalla voce di un artista, dalle sonorità di un musicista, e – va da sé – anche dalle specificità tecniche di un estensore di testi per la musica.

Qualunque ascoltatore, insomma, potrebbe crearsi una playlist unica e irripetibile, che riecheggi lo stile dei propri idoli musicali.

Per ogni brano creato dall’IA verranno pagati i diritti d’autore ai rispettivi detentori.

Ma i musicisti e cantanti, in tutto questo?

Cantanti e musicisti liberi di scegliere (e divisi)

Sembra, quanto meno, che ogni singolo artista sia libero di scegliere se concedere o no che la propria voce, la propria musica o i propri testi possano essere utilizzati dall’intelligenza artificiale.

I divi del pop sono divisi su questo fronte. Se Bruce Springsteen si è dichiarato contrario, Madonna ha addirittura incluso nel proprio testamento una clausola per cui la sua voce non potrà essere utilizzata dall’IA dopo la sua morte.

Al contrario, Paul McCartney ha candidamente ammesso il ricorso all’intelligenza artificiale per la creazione di quello che ha chiamato “l’ultimo disco dei Beatles”. E Grimes si è dichiarata favorevole all’utilizzo da parte di chiunque della propria voce, purché le spetti il 50% delle royalties.

E dire che a luglio il consigliere generale di Universal Music, Jeffrey Harleston, si era espresso contro la clonazione da parte dell’IA della voce di un artista, che “è la parte più preziosa del suo sostentamento e del suo personaggio pubblico.”

I dubbi

Da un lato, se un artista sceglie liberamente di dare in pasto la propria voce o musica all’intelligenza artificiale, nessuno è leso, e il discorso dovrebbe chiudersi qui.

Ma non possiamo non notare almeno due ricadute negative di un’eventuale svolta in questa direzione. Con opere prodotte dall’IA alla maniera di un artista o un altro, avremmo brani sempre più standardizzati, sempre meno vividi e originali. E su questo, c’è poco da fare, ha ragione Nick Cave.

Per non parlare del fatto che ci si improvviserà produttori e promotori. E magari, in virtù delle dinamiche spesso imperscrutabili degli algorismi che dominano la rete, un brano che ha clonato in modo pedissequo la voce di un certo artista diventerà una hit. Portando al successo l’ignaro ascoltatore che ha provato a usare l’IA per gioco.

Insomma, la vera arte – in musica e non solo – si basa sulle grandi personalità capaci di dar vita a capolavori inimitabili. Al contrario, la musica deepfake si basa proprio sulla ripetitività, sulla serialità.

Probabilmente, tra qualche anno la vera arte sarà affiancata da operine modeste e indistinguibili l’una dalle altre. Ma a ben pensarci sta capitando così già adesso, senza bisogno dell’IA.

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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