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Point Break di Kathryn Bigelow – Il filo nascosto

Per il nuovo appuntamento con Il filo nascosto parliamo di Point Break, altro cult diretto da una regista americana.

Nel gergo del surf, il point break (punto di rottura) indica il luogo e il momento in cui un’onda si infrange contro un fondale, rompendosi e dando vita a onde particolarmente lunghe da cavalcare. Non stupisce quindi che sia proprio Point Break il titolo scelto da Kathryn Bigelow per il suo quarto film, che come spesso avviene all’interno della filmografia della cineasta statunitense riesce a fondere generi diversi e a generare al tempo stesso una riflessione politica tutt’altro che scontata.

Dopo aver dedicato a Sofia Coppola il precedente appuntamento con la nostra rubrica cinematografica Il filo nascosto, ci concentriamo dunque su un’altra straordinaria autrice statunitense, che negli ultimi decenni ha scolpito indelebilmente l’immaginario cinematografico con opere originali e con il suo unico e inconfondibile stile. Una carriera per cui Point Break – Punto di rottura ha indubbiamente rappresentato un punto di svolta, dal momento che i precedenti Il buio si avvicina e Blue Steel – Bersaglio mortale, pur evidenziando chiaramente i segnali di una grandissima cineasta, non avevano brillato al botteghino. Dopo un horror a sfumature western e una commistione fra thriller e poliziesco, Kathryn Bigelow si supera con una miscela esplosiva di racconto di formazione, cinema sportivo e azione, in cui il surf funge da catalizzatore della narrazione e dell’intenso rapporto fra i protagonisti Johnny Utah e Bodhi, interpretati rispettivamente da Keanu Reeves e Patrick Swayze.

Point Break: il surf come metafora della libertà e della lotta contro il sistema

Point Break

Al centro di Point Break c’è un gruppo di rapinatori, che ha due particolari caratteristiche: la più evidente è quella di agire muniti di grottesche maschere degli ex presidenti americani Lyndon Johnson, Richard Nixon, Jimmy Carter e Ronald Reagan; la seconda è la loro specifica attività, che coincide con l’estate e verte esclusivamente sul denaro contante disponibile nelle casse delle filiali di Los Angeles. Su questi misteriosi criminali indaga da tempo Angelo Pappas (Gary Busey), veterano del Vietnam secondo cui il gruppo è composto da surfisti, che attraverso le rapine guadagnano quel tanto che basta per trascorrere l’inverno in viaggio alla ricerca delle onde migliori.

Per verificare la sua teoria, Pappas si avvale dei servizi del giovane agente Johnny Utah (Keanu Reeves), ex giocatore di football americano a cui chiede di infiltrarsi fra i surfisti della contea, alla ricerca di informazioni utili. Johnny esegue scrupolosamente gli ordini, e stringe immediatamente amicizia con il carismatico Bodhi (Patrick Swayze) e con la sua ex compagna Tyler (Lori Petty), da cui apprende i rudimenti del surf. Fra false piste e sorprendenti rivelazioni, Johnny scopre la verità sulla banda degli ex presidenti, che lo porta però a scendere a patti con la sua coscienza e con le sue ambizioni.

Point Break e Un mercoledì da leoni

Point Break

La più palese fonte di ispirazione per Point Break è senza dubbio Un mercoledì da leoni, capolavoro di John Milius che racconta un arco temporale di 12 anni di storia americana attraverso la storia di tre amici surfisti. A sottolineare questo legame è proprio Gary Busey, che nel film di Milius interpreta un personaggio sopra le righe che riesce furbescamente a evitare il Vietnam, mentre nell’opera di Kathryn Bigelow impersona un agente di mezza età che porta su di sé le cicatrici di quel tragico conflitto. Ulteriori elementi in comune fra le due opere sono le riprese acquatiche, volte a trasmettere lo spettatore l’emozione del surf e la sensazione di infilarsi fra le onde, e l’idea di una catartica grande mareggiata da attendere pazientemente, che per Milius è il mercoledì da leoni del titolo, mentre per Kathryn Bigelow è la cosiddetta “tempesta del cinquantennio”, anelata da Bodhi.

Da autrice di classe e carisma, Kathryn Bigelow è però abile a non cadere nella trappola della copia poco ispirata, muovendosi in territori diversi da quelli di Milius. Mentre in Un mercoledì da leoni il surf è un mezzo con cui veicolare una struggente storia di amicizia e una malinconica riflessione sullo scorrere del tempo, in Point Break questo meraviglioso sport è la perfetta metafora della voglia di libertà dei suoi protagonisti, esaltata da una vigorosa spinta anti-sistema e da un gusto per l’azione che la regista esplorerà anche nei suoi lavori successivi, come The Hurt Locker e Zero Dark Thirty.

lPoint Break può inoltre contare sul prezioso contributo di James Cameron, che nel 1991 in cui ha visto la luce il film era ancora impegnato in un sodalizio artistico e sentimentale con Kathryn Bigelow. Facile rintracciare nella comunione di Bodhi con la natura elementi ricorrenti della filmografia cameroniana.

Yuppismo contro hippy

Nonostante il buon apporto dei personaggi secondari (fra cui oltre a Gary Busey spicca John C. McGinley, alle prese con il personaggio di un agente cinico e arrogante, prova generale per il suo Perry Cox in Scrubs), Point Break è soprattutto la storia di Johnny Utah e Bodhi. Due nomi a loro modo emblematici: il primo sembra uscito dal cinema western classico, mentre il secondo (diminutivo di Bodhisattva) è perfetto per un racconto in bilico fra concretezza e misticismo. Johnny e Bodhi sono due facce della stessa medaglia, cioè un sistema che irreggimenta le persone privandole della loro libertà e lasciandogli le briciole.

Johnny potrebbe tranquillamente prendere il posto di Charlie Sheen come rampollo dello yuppismo in Wall Street: anche se inesperto, è disposto a tutto per fare carriera e mettersi alle spalle i sogni di gloria bruscamente spezzati da un infortunio al ginocchio. Bodhi al contrario è un hippy moderno e fuori tempo massimo, che crede nell’amore libero, rifiuta il possesso, odia la violenza e lotta contro il sistema, spingendosi però ben oltre le regole (emblematicamente, è lui a indossare la maschera di Ronald Reagan nella banda degli ex presidenti).

I due si cercano e si allontanano, si avvicinano per poi respingersi. Pur partendo da poli opposti, ovvero la legge e la criminalità, finiscono per provare la stessa disillusione e il medesimo disgusto per un mondo che li mette ai margini, superando persino i reciproci tradimenti e colpi bassi di cui si rendono protagonisti. Una bromance che finisce per oscurare anche la storia d’amore fra Johnny e Tyler, davvero poco ispirata e non a caso messa ben presto in secondo piano dalla stessa Kathryn Bigelow.

La regia di Kathryn Bigelow

Point Break

La regista rompe gli schemi e gli stereotipi, tratteggiando figure maschili ben lontane dal machismo anni ’80 ma dando allo stesso tempo vita a notevoli scene di azione, tutte incentrati sui corpi. Come in Top Gun, è una partita in spiaggia a cementare amicizie e rivalità, mentre una rissa all’ultimo sangue diventa paradossalmente base per un rapporto di fiducia che viene inesorabilmente tradita. Kathryn Bigelow si supera poi nella lunga scena dell’inseguimento fra Johnny e Bodhi, che si avvicina con la corsa a piedi a ciò che William Friedkin aveva realizzato con le auto in Vivere e morire a Los Angeles, diventando immediatamente un punto di riferimento per tutto il cinema action degli anni ’90 e oltre.

Mentre i corpi sono sempre dominanti e perfetti, la moralità e la psiche dei protagonisti progressivamente si sgretolano, sotto i colpi di ripetuti errori e di un destino che non ammette utopie e semplificazioni. Un lungo duello fra cielo e terra, che non avrebbe sfigurato in un qualsiasi capitolo di James Bond, sembra chiudere mestamente la contesa, senza vincitori né vinti. Ma l’odio-amore fra Johnny e Bodhi ha bisogno di un più degno epilogo, che si materializza grazie alla tempesta del cinquantennio, più volte evocata dal surfista-hippy.

Il finale di Point Break

Un anno dopo il loro ultimo incontro, i due si ritrovano davanti alla mareggiata che Bodhi ha sempre aspettato. Conscio del fatto che uno spirito libero come il suo non potrebbe sopravvivere alle sbarre, Johnny gli concede di sfidare ancora una volte le onde, che sembrano però troppo impervie anche per un surfista di classe ed esperienza come quello interpretato da Patrick Swayze. Mentre intuiamo il suo tragico e allo stesso tempo dolce destino, a Johnny non resta che allontanarsi mestamente dalla spiaggia. Come Gary Cooper in Mezzogiorno di fuoco, l’ormai ex agente getta a terra il suo distintivo, dirigendosi verso una nuova vita che con ogni probabilità sarà all’insegna del surf e della libertà, come gli ha insegnato il suo folle e visionario ex amico.

Un finale di stampo western per un vero e proprio cult degli anni ’90, che né il tempo né un maldestro remake del 2015 sono riusciti a scalfire. Un cinema di antieroi fuori posto e fuori dal tempo, che in un’epoca di opere ovattate e incolori risuona ancora più forte.

Point Break

«Noi non ci battiamo per i soldi, noi ci battiamo contro il sistema, quel sistema che uccide lo spirito dell’uomo. Noi siamo l’esempio per quei morti viventi che strisciano sulle autostrade nelle loro infuocate bare di metallo, noi dimostriamo con la nostra opera che lo spirito dell’uomo è ancora vivo».

Il filo nascosto nasce con l’intento di ripercorrere la storia del cinema nel modo più libero e semplice possibile. Ogni settimana un film diverso di qualsiasi genere, epoca e nazionalità, collegato al precedente da un dettaglio. Tematiche, anno di distribuzione, regista, protagonista, ambientazione: l’unico limite è la fantasia, il faro che ci guida è l’amore per il cinema. I film si parlano, noi ascoltiamo i loro dialoghi.

Point Break
  • The disk has Italian audio and subtitles.
  • Gary Busey (Attore)
  • Kathryn Bigelow (Direttore)

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Marco Paiano

Tutto quello che ho imparato nella vita l'ho imparato da Star Wars, Monkey Island e Il grande Lebowski. Lo metto in pratica su Tech Princess.

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