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I reati nel metaverso: quali sono, come intervenire. Ne abbiamo parlato con l’avvocata Ilaria Curti

La nostra chiacchierata con l’avvocata dello studio legale Portolano Cavallo

Molti di voi avranno letto, nei primi giorni del 2024, una notizia curiosa e sconvolgente: la polizia britannica sta indagando su un presunto caso di violenza sessuale avvenuto nel metaverso. Una ragazza di sedici anni ha dichiarato che il suo avatar sarebbe stato violentato da diversi individui sconosciuti, mentre lei – indossando un visore – si era addentrata appunto nella realtà virtuale.

Notizia curiosa e allo stesso tempo sconvolgente, dicevamo, perché risuona come nuova (ma non è la prima denuncia di questo tipo) ed è capace di imporci più di una domanda: quali sono, e saranno, i reati nel metaverso? In cosa differiscono dai reati che possono avvenire nel web? Come perseguirli e magari prevenirli?

Queste sollecitazioni ci riportano a una questione che abbiamo affrontato in chissà quanti articoli: le nuove tecnologie, più che osannate o criticate a priori, vanno capite. E normate.

Ilaria Curti Portolano Cavallo 2
L’avvocata Ilaria Curti

I reati nel metaverso: la parola all’avvocata Ilaria Curti

Ci aiuta a ragionare su questa materia ancora informe l’avvocata Ilaria Curti, dello studio legale Portolano Cavallo.

L’avvocata inizia chiedendosi se esistono reati tipici del metaverso, o se è più congruo ragionare su reati già perseguibili nel cosiddetto web 2.0, e che nel metaverso possono assumere diverso significato e diversa pregnanza.

Il tono dubitativo, che ha attraversato la mezz’ora abbondante di conversazione, è qui necessario, proprio perché si tratta di un ambito neonato, i cui sviluppi sul versante legale andranno delineandosi in base a come evolverà, e quanto sarà frequentato, il metaverso.

I reati del metaverso e quelli del web

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L’avvocata Ilaria Curti esordisce affermando che non ci sono, a oggi, reati specifici del metaverso.

Una serie di reati già presenti nel web (pensiamo ad esempio al cyberbullismo, al furto di identità o alla violazione della privacy) possono certamente evolvere nell’ambiente del metaverso. Un recentissimo intervento in questo senso è stato pubblicato sul sito dell’Interpol.

La violenza sessuale nel metaverso: il corpo

Nello specifico caso della violenza sessuale, come denunciato dalla sedicenne inglese, il problema è delicatissimo.

È innegabile che la molestia subita dall’avatar abbia portato ripercussioni emotive e psicologiche sulla giovane. Ma fino a che punto si può parlare di atto sessuale che la vittima è stata obbligata a compiere contro la propria volontà, là dove manchi il contatto fisico?

A questo punto c’è il primo, importante collegamento con il futuro. Il metaverso è nella sua fase embrionale, e anche la giurisprudenza dovrà adattarsi a ciò che il metaverso diventerà. Si può presumere, ad esempio, che l’esperienza sensoriale sarà sempre più immersiva e realistica, anche a livello tattile: a quel punto sarebbe facilmente configurabile, anche nel metaverso, il reato di violenza sessuale.

Le prove di un reato e la sua perseguibilità

Un altro problema attuale è la difficoltà di indagare sui reati che avvengono nel metaverso. Come reperire le prove, si domanda l’avvocata Ilaria Curti? E come, una volta eventualmente acquisite, ricondurle a un avatar creato magari attraverso reti wi-fi non riconducibili a nessuna persona fisica in particolare?

Anche per quanto riguarda la perseguibilità dei reati sul metaverso il discorso non è lineare. Quale giurisprudenza si deve interpellare, ad esempio, in caso di reato avvenuto in ambiente virtuale con partecipanti che provengono da Paesi diversi?

E se, poniamo, un reato avviene in un ambiente online i cui server sono ubicati in Cina, e a indagare è l’autorità italiana? Occorre una rogatoria che complica il processo e allunga i tempi di indagine.

Come si sta agendo

Per quanto, come dicevamo, il metaverso sia ancora tutto da esplorare, le polizie internazionali non si stanno facendo trovare impreparate.

L’Interpol, ad esempio, dall’ottobre del 2022 ha aperto un ufficio virtuale sul metaverso. Un ambiente di training, insomma, dove gli agenti possono allenarsi per apprendere in modo concreto quali e quanti reati possono e potranno avvenire nel mondo virtuale.

Paesi come Francia e Norvegia, poi, hanno già le loro polizie virtuali, che possono essere interpellate da chi subisca un reato non solo nel metaverso ma anche nel mondo dei giochi multiplayer.

Inoltre, dopo le prime denunce, aziende come Meta hanno introdotto nel loro metaverso la Safe Zone, uno strumento di protezione che gli utenti possono attivare quando si sentono minacciati, in modo che nessuno possa toccarli o parlare con loro. E hanno proibito certi comportamenti e alcuni argomenti di discussione.

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I reati nel metaverso che verrà

Ma è del tutto evidente, conclude Ilaria Curti, che siamo ancora agli esordi di una tecnologia dall’enorme potenziale. Che non sappiamo precisamente dove andrà e quante persone coinvolgerà.

Non è difficile immaginare che il metaverso diventerà sempre più pervasivo. E allora serviranno non solo leggi ad hoc (che, visti i mutamenti sempre più rapidi nel mondo delle nuove tecnologie, potrebbero anche risultare obsolete in breve tempo). Ma anche norme chiare, una decisa interoperabilità e una solida coordinazione tra tutti gli attori coinvolti.

Un “approccio olistico”, come si legge sul sito dell’Interpol, accanto al quale non potrà mancare l’alfabetizzazione degli utenti del metaverso.

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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