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X di Elon Musk denuncia una non profit che combatte l’odio online

Secondo i legali dell’ex Twitter allontanerebbe gli inserzionisti

Nei mesi precedenti all’acquisizione di Twitter da parte dell’eccentrico Elon Musk, avevamo ragionato in diversi articoli sul suo curioso rapporto con la libertà.

Proviamo qui a sintetizzare, per poi soffermarci sull’ultimo recentissimo capitolo di questa bizzarra vicenda.

Musk, amante dei sondaggi, nella primavera del 2022 ne aveva promosso alcuni in cui aveva chiesto ai suoi follower se reputassero Twitter un luogo sufficientemente libero.

Per poi uscirsene con alcune dichiarazioni… alla Musk. Citiamone una:  “Ho investito in Twitter perché credo nel suo potenziale di essere una piattaforma per la libertà di parola in tutto il mondo. E credo che la libertà di parola sia un imperativo sociale per una democrazia funzionante”.

July 23, 2023, Brazil. In this photo illustration, the letter X logo seen displayed on a smartphone. Elon Musk announced that there will be a rebranding of Twitter soon, and speculation points to the implementation of X.“And soon we shall bid adieu to the twitter brand and, gradually, all the birds”, he declared in a publication.

Musk e la gestione di Twitter

Di quale concetto di libertà si sia fatto alfiere Musk una volta acquistato il social è facile dire, adesso. Anzi, per noi era già stato facile presumerlo lo scorso anno. Si è trattato della libertà di licenziare, usare metodi padronali, prendere decisioni improvvide e rilasciare dichiarazioni spesso imbarazzanti.

Con la duplice conseguenza di una fuga degli inserzionisti e degli utenti. Sino a un doppio cambiamento: prima l’elezione a Ceo di Linda Yaccarino, e poi il recente e clamoroso rebranding dell’azienda, che oggi non si chiama più Twitter bensì X.

X denuncia una non profit che combatte l’odio online

Il rapporto tra Elon Musk e la libertà, insomma, è andato nella direzione precisamente opposta rispetto alle dichiarazioni dell’allora futuro proprietario di Twitter.

Ma adesso che Twitter è diventato X, certe tendenze autoritarie non sembrano davvero essere venute meno.

X ha denunciato una non profit che si occupa di combattere l’odio online. Stiamo parlando del Center for Countering Digital Hate, nota anche con l’acronimo CCDH.

I legali dell’azienda di Elon Musk hanno scritto che “il CCDH intende danneggiare l’attività di Twitter allontanando gli inserzionisti dalla piattaforma con affermazioni incendiarie.”

Cosa avrebbe dunque fatto la non profit per “meritare” una denuncia dagli avvocati di X?

Le accuse di X al CCDH

Il Center for Countering Digital Hate, dicevamo, è un’organizzazione non profit che monitora l’incitamento all’odio e la disinformazione sulle maggiori piattaforme social.

In più di una recente indagine il CCDH ha mostrato come su Twitter, durante la gestione Musk, siano aumentati i discorsi d’odio (specie contro la comunità LGBTQ+) ma anche la disinformazione sul clima.

Il rapporto di giugno, per cui X ha denunciato la non profit, rivela che l’azienda di Musk non ha rimosso contenuti di utenti verificati in aperta violazione delle regole di Twitter. Contenuti anti LGBTQ+ ma anche filonazisti.

Gli interventi di moderazione avrebbero coinvolto appena l’1% dei post pubblicati.

Il botta e risposta

I legali di X che hanno sporto denuncia contro la non profit accusano il Center for Countering Digital Hate di voler danneggiare la reputazione della società.

Si insinua addirittura il dubbio che il CCDH sia finanziato da piattaforme concorrenti. E che il suo obiettivo sia quello di screditare X presso gli inserzionisti. Quando in realtà la non profit ha pubblicato report critici anche verso altri social, a dimostrazione della sua equidistanza.

Non si è fatta attendere la risposta di Imran Ahmed, fondatore e ad di Center for Countering Digital Hate.

Ahmed ha notato che di solito le aziende chiamate in causa dal CCDH rispondono con ben altri toni, promettendo di risolvere i problemi di volta in volta evidenziati. I timori di Ahmed sono quelli che la reazione di X possa essere presa come esempio: “Se riuscirà a metterci a tacere, altri ricercatori saranno i prossimi ad essere messi in riga”. 

In due tweet (ma ora si chiamano post) del 31 luglio, il CCDH ha scritto: “Elon Musk prende di mira CCDH perché siamo una voce di spicco che espone come l’incitamento all’odio e le bugie siano salite alle stelle su Twitter sotto la sua proprietà. Minacciandoci, sta cercando di nascondere la verità sui propri fallimenti e salvare le sue entrate pubblicitarie in forte calo.”

E: “Elon Musk vuole mettere a tacere i suoi critici in modo da poter continuare a dare un megafono all’odio e alla disinformazione evitando le conseguenze.

Sosteniamo la nostra ricerca e non ci faremo intimidire dalle minacce di Musk.”

Nome nuovo, autoritarismo vecchio

Colpisce la denuncia pretestuosa dei legali di X alla non profit. Perché l’azienda di Musk non entra mai nel merito, mostrando ad esempio dove e come l’analisi del CCDH sarebbe sbagliata o tendenziosa.

I legali di X pretendono, semplicemente, che nessuno obietti sull’operato della società. Insomma: cambia il nome del giocattolo di Musk, ma non cambia il suo atteggiamento autoritario e ispirato a un vago (ma nemmeno troppo) senso di onnipotenza.

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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