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La recensione di Suicide Squad: Kill the Justice League, un ritorno che non convince

C'era grandissima attesa per questa avventura DC Comics, ma il risultato non è all'altezza delle aspettative

Suicide Squad: Kill the Justice League è uno dei titoli che gli amanti di fumetti e videogiochi hanno atteso di più in questi anni. Fra i motivi principali c’è il fatto che segna il ritorno a uno degli universi narrativi più amati del genere, quello di Batman: Arkham. Ma purtroppo con l’avvicinarsi del lancio si sono concretizzati sempre più dubbi su quanto sarebbe stato capace di riportarci in quelle iconiche atmosfere. Vediamo allora i pro e i contro di questo titolo nella nostra recensione di Suicide Squad: Kill the Justice League.

Suicide Squad: Kill the Justice League, la recensione: di cosa stiamo parlando?

Torniamo, come si diceva, in uno dei principali universi del grande mondo DC Comics (la casa editrice di fumetti americani che pubblica le avventure di Superman, Batman, Wonder Woman e così via), ovvero quello che abbiamo esplorato nella fortunatissima trilogia/tetralogia – è una questione complessa, ma non serve parlarne ora – di Arkham.

Il protagonista però non è più il Cavaliere Oscuro, bensì un gruppo di criminali. È la Task Force X, meglio nota come Suicide Squad, un team che negli ultimi anni ha acquisito una certa fama anche oltre i fumetti, grazie soprattutto alle apparizioni cinematografiche.

È un’operazione governativa piuttosto controversa. Amanda Waller recluta alcuni dei tantissimi villain di questo universo e li mette al lavoro per le missioni più pericolose che ci siano, appunto missioni “suicide”, in cambio di sconti di pena o altro. E per assicurarsi che obbediscano agli ordini, impianta nella loro testa una bomba radiocomandata, che esploderà in caso di insubordinazione. Quello che si dice un bell’ambiente di lavoro.

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Questa versione della squadra nasce per salvare Metropolis da una minaccia potenzialmente globale. Brainiac, un’intelligenza artificiale aliena, ha conquistato la città e si sta preparando a prendere il mondo. Certo, normalmente di una cosa del genere se ne occuperebbe la Justice League, il supergruppo degli eroi DC guidato da Superman. Ma Brainiac ha preso il controllo delle loro menti e li ha resi suoi generali, rendendo tutto terribilmente pericoloso. Anzi, suicida.

Suicide Squad: Kill the Justice League spalanca le porte dell’universo DC

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Narrativamente questo videogioco è decisamente interessante, tanto più se siete dei fan (come chi vi scrive) delle avventure DC Comics. La saga di Batman: Arkham infatti ha esplorato in grande profondità il “territorio” del Cavaliere Oscuro, dando notorietà anche a personaggi molto secondari come Cappellaio Matto, Firefly o Professor Pyg. Ma ha sempre lasciato stare ciò che succedeva oltre i confini di Gotham City, salvo qualche piccola citazione.

Ora si ribalta tutto. Siamo improvvisamente lanciati in un universo estremamente più ampio, dove troviamo una Justice League piena, dove possiamo incontrare Lanterna Verde e Flash, dove vediamo poster di Zatanna sui muri e Lois Lane intervista Lex Luthor. E ci sarebbe ancora qualcosa da dire, ma non vogliamo spoilerare troppo.

Questo è un piccolo sogno per chi ama il genere. Trovarsi immersi in una grande avventura che riguarda l’intero universo DC è affascinante, offrendo infinite possibilità narrative. La stessa idea di poter finalmente esplorare Metropolis, camminare per quelle strade, saltare su quei tetti è qualcosa di emozionante. Ci sarebbe da perdersi per ore nella Sala della Giustizia, a cacciare tutti gli easter egg.

Così come è una bellissima idea quella di metterci a confronto con la Justice League, una sfida degna di questo nome. E questa versione al negativo si immerge benissimo nel percorso di rivisitazione critica della figura del supereroe che in questi anni sta emergendo sempre più forte. In sostanza, oltre a Suicide Squad: Kill the Justice League sembra di giocare anche alla trasposizione videoludica di The Boys.

Qualcosa però non convince del tutto

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Abbiamo aspettato nove anni per tornare all’Arkhamverse. Nove anni in cui la speranza si è riaccesa più volte, passando per Gotham Knights e gli innumerevoli rumor su un videogioco dedicato a Superman. Ed è normale, perché quell’universo era davvero straordinario. Il problema però è che c’era stata una conclusione. Una grande conclusione, di quelle emozionanti, che segnavano la storia.

Suicide Squad: Kill the Justice League, riportandoci in quell’universo, ha dovuto necessariamente spostare qualcosa di quell’equilibrio perfetto. E se è vero che la sequenza in cui ci spiega tutto è bellissima (una delle migliori delle prime fasi di gioco) ed è ancora più vero che è un piacere vedere tornare una delle voci più iconiche di questo mondo tornare al suo personaggio, peraltro per l’ultima volta, resta un po’ di amaro in bocca per averla sbrigata rapidamente. Ci si poteva costruire un’intero altro gioco probabilmente e invece si risolve in due battute.

Un altro aspetto su cui non tutto va benissimo è la rappresentazione della Task Force X stessa, così come un po’ tutto il tono di Suicide Squad: Kill the Justice League. L’impegno è assolutamente evidente nel cercare di restituire un tono scanzonato, ribelle, aggressivo, violento. Ma è proprio questa evidenza a renderlo meno efficace.

Ogni linea di dialogo serve a rimarcare che “sono cattivi”, sia i protagonisti che i loro aguzzini. Battutine, insulti, attacchi diretti… A lungo andare questo risulta piuttosto forzato, impedendoci di empatizzare davvero con questi personaggi. Era una sfida molto impegnativa, a onor del vero, ma resta il fatto che non è stata vinta.

Suicide Squad: Kill the Justice League, la recensione non può non affrontare la questione del gameplay

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Finora abbiamo parlato praticamente solo dell’aspetto narrativo di questo videogioco. È abbastanza naturale: rispetto ad altri titoli, qui la storia è assolutamente centrale. Ma non sarebbe una valutazione completa se non affrontassimo anche la questione del gameplay.

Qui viceversa avremmo preferito un ritorno delle meccaniche di Arkham. Non tanto quelle relative allo stealth (non avrebbero senso, con questi nuovi protagonisti) ma quelle del sistema di combattimento. Si trattava di un metodo assolutamente soddisfacente, con una buona curva di apprendimento, ma coinvolgente.

In Suicide Squad: Kill the Justice League si opta per un approccio meno legato al corpo a corpo, con più armi da fuoco (assolutamente proibite per Batman) e combattimento dalla distanza. Anche qui, abbiamo un po’ di curva di apprendimento, ma anche prendendoci la mano non abbiamo la stessa soddisfazione che dava creare combo di centinaia di colpi. È tutto molto più caotico e non in senso buono.

Il sistema di spostamento ci ha lasciato abbastanza perplessi. Si tratta fondamentalmente di una versione depotenziata di quello degli Arkham. Non potremo quindi svolazzare da una parte all’altra di Metropolis in maniera fluida, ma dovremo periodicamente toccare terra per ripartire. Una volta comprese le regole si riesce anche a far funzionare, ma è tutto molto più macchinoso e in sostanza meno divertente.

A questo punto perché avere un team?

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Se possiamo derubricare i punti precedenti a “questioni di gusti personali” e “nostalgia per il passato”, c’è un aspetto del gameplay di Suicide Squad: Kill the Justice League che non ci ha proprio convinto, ovvero la caratterizzazione dei diversi membri del team.

Non parliamo del lato narrativo (al di là di uno squilibrio di carisma a favore di Harley Quinn e Deadshot, ma è fisiologico) bensì del feeling quando li controlliamo. Si tratta sempre dello stesso personaggio, con poco più che una skin differente.

Certo, Captain Boomerang non si sposta con il rampino ma sfruttando la Forza della Velocità, King Shark usa un arpione e la forza bruta e non il fucile da cecchino, ma il succo rimane sempre lo stesso. Anche “sporcandoci le mani” con le statistiche e gli equipaggiamenti non c’è una vera differenza a usare un personaggio o un altro. Con l’unica l’eccezione di quando il gioco ci fornisce un bonus per ragioni narrative.

Sarebbe stato molto più interessante sfruttare le caratteristiche di ciascuno per creare un team, anche seguendo le regole classiche. Dopotutto King Shark è nato per essere un tank e Deadshot un ranger. Harley e Boomerang possono giocarsi i ruoli di healer e DPS, magari con qualche giustificazione narrativa.

E tutto questo poteva tornare utile durante le missioni. Spingerci a cambiare personaggio per poter affrontare diverse sfide con diverse skill. Invece siamo sempre lì, a combattere con un (anti)eroe piuttosto che un altro, senza grandi ragioni per variare.

Dopotutto il gioco stesso non va in questa direzione. Una volta iniziata una missione infatti non possiamo più cambiare personaggio, fino a quando non sarà conclusa o abbandonata. Ma a questo punto, era davvero necessario avere un team al centro? Non sarebbe stato meglio focalizzarsi solo su un membro (ad esempio la popolarissima Harley Quinn) e dirottare gli sforzi su altro?

Suicide Squad: Kill the Justice League, la recensione: si ferma un attimo prima

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Purtroppo la nostra recensione di Suicide Squad: Kill the Justice League è meno entusiasta di quello che avremmo voluto fosse. Ci troviamo davanti a un gioco che ci ha convinto sulla grande scala, ma che entrando nei dettagli è sempre meno soddisfacente.

Si fa giocare, sicuramente. Narrativamente le sue soddisfazioni le regala. E anche se abbiamo avuto ogni tanto qualche ostacolo tecnico, possiamo sperare che si tratti solo di qualche difficoltà al lancio, che si supererà presto. Ma per un’opera che avrebbe davvero avuto il potenziale, sotto tantissimi livelli, di essere un continuo non solo narrativo ma spirituale di quella rivoluzione che è stata la saga di Arkham, non possiamo negare di essere un po’ delusi.

Suicide Squad: Kill The Justice League Deluxe Edition (Xbox...
  • All Standard Edition content and pre-order bonuses.
  • Four Justice League Outfits, one for each Squad member.
  • Three Black Mask themed notorious weapons (pistol, sniper rifle, and heavy weapon).

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Mattia Chiappani

Ama il cinema in ogni sua forma e cova in segreto il sogno di vincere un Premio Oscar per la Miglior Sceneggiatura. Nel frattempo assaggia ogni pietanza disponibile sulla grande tavolata dell'intrattenimento dalle serie TV ai fumetti, passando per musica e libri. Un riflesso condizionato lo porta a scattare un selfie ogni volta che ha una fotocamera per le mani. Gli scienziati stanno ancora cercando una spiegazione a questo fenomeno.

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