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Un anno di ChatGPT: come l’intelligenza artificiale generativa sta cambiando le nostre vite

Il software è stato lanciato il 30 novembre 2022

Come eravamo ingenui. No, non negli anni Cinquanta del Novecento, ma meno di un anno fa. Quando l’estensore di queste righe scriveva un articolo, pubblicato su Tech Princess il 7 dicembre 2022, il cui titolo era: “Ecco ChatGPT, il chatbot conversazionale del futuro”.

Il software, che non era ancora disponibile in Italia, veniva descritto in modo un po’ approssimativo. Ma già avevamo colto un punto centrale della questione. Dicevamo: “Se questo è il livello di precisione di ChatGPT, ecco che davvero tutte le professioni intellettuali e creative sono minacciate. O, meno catastroficamente, potrebbero essere àmbiti in cui le intelligenze artificiali forniranno il loro supporto.”

E oggi (proprio oggi, perché il software veniva lanciato sul mercato il 30 novembre 2022) che ChatGPT compie un anno, a che punto siamo?

Come l’intelligenza artificiale generativa sta influendo, e influirà, sulle nostre vite?

ChatGPT openai

Un anno di ChatGPT

E così, ChatGPT compie un anno. Sveliamo intanto l’acronimo, che forse in pochi conoscono: GPT sta per Generative Pre-trained Transformer.

Mentre scommettiamo che tutti i nostri lettori sappiano ormai di cosa stiamo parlando: si tratta di un chatbot di IA sviluppato da OpenAI con tecniche di apprendimento automatico, specializzato nel dialogo con interlocutori umani.

A un anno dal lancio di ChatGPT, si può prendere questo software come emblema dell’intelligenza artificiale generativa. Quella, cioè, in grado di generare nuovi contenuti, siano essi testuali (ChatGPT, appunto) o visivi partendo da un testo (Midjourney, ad esempio).

Ebbene, questi strumenti stanno già rivoluzionando le nostre esistenze? O lo faranno in futuro? Che primo bilancio possiamo trarre, a un anno da questo stupefacente nuovo approdo della tecnologia?

Apocalittici e integrati

A distanza di decenni funziona ancora a meraviglia il titolo di una celebre raccolta di saggi di sociologia di Umberto Eco.

Perché, davanti all’ingresso nella nostra quotidianità dell’IA generativa, la maggior parte di noi ha avuto una delle due opposte reazioni che sempre si hanno di fronte alle novità epocali, specie se di ambito tecnologico. C’è chi l’ha stigmatizzata come viatico della nostra perdizione, e chi l’ha salutata come portatrice della salvezza eterna. Mostrando, né più né meno, lo stesso atteggiamento istintivo e ingenuo che si ha di fronte alle fake news: anziché prendere un bel respiro e ragionarci su, si reagisce da tifosi.

Mentre è del tutto evidente che novità così complesse vanno prima conosciute a fondo, se ne devono comprendere potenzialità e rischi, dopo di che deve vigere l’immortale regola per cui buono o cattivo è l’uso che si fa di una determinata cosa, e non la cosa in sé.

La democratizzazione dell’IA

Come era largamente prevedibile, oggi che si celebra un anno di ChatGPT, molti esperti stanno offrendo il proprio punto di vista sull’argomento.

Interessantissima la discussione a quattro voci ospitata da Avvenire. Prendono parte al dialogo Derrick de Kerckhove, Vincenzo Ambriola, Emanuela Girardi e Alberto Puliafito (del quale abbiamo recensito il libro In principio era ChatGPT, scritto con Mafe de Baggis).

Ebbene: i quattro concordano nel dire che l’ingresso di ChatGPT ha reso democratica e pop l’intelligenza artificiale generativa, aprendo a chiunque la possibilità di fruire di qualcosa di preesistente, ma fino allo scorso anno più che altro subìto passivamente.

Tuttavia, sembra che almeno per ora manchi quella spinta libertaria che, ad esempio, si era avvertita agli albori di Internet. E sulle sorti dell’intelligenza artificiale a decidere sono pochi giganti del tech.

Conoscere l’intelligenza artificiale

Di certo, a un anno dall’introduzione di ChatGPT restano due grossi nodi da sciogliere nei confronti dell’intelligenza artificiale generativa. Che, ormai è innegabile, farà sempre più parte delle nostre vite.

Per questo motivo, occorre anzitutto conoscere l’argomento. Lo devono saper maneggiare aziende e istituzioni, certo, ma anche cittadini di ogni età e alfabetizzazione tecnologica. Pensiamo, per prendere solo un esempio, alla quantità di fake news (sempre più veicolate dalle immagini) nate dagli ultimi due conflitti, quello tra Russia e Ucraina e quello tra Israele e Hamas. E come una maggior consapevolezza ci preserverebbe da questa ipertrofica produzione di bufale.

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Normare l’intelligenza artificiale

Seconda ineludibile sfida per il futuro prossimo dell’IA generativa, quella di dare norme certe, sensate e univoche.

Certe, perché poche settimane fa abbiamo scritto un articolo sul fatto che le immagini prodotte dall’IA sono state escluse dal prestigioso world Press Photo Contest, ma con motivazioni troppo dipendenti da giudizi soggettivi.

Sensate, perché un buon insieme di norme sull’intelligenza artificiale deve sapersi mantenere nel difficile equilibrio tra il rintuzzare i rischi (che esistono, e sono seri) e il permettere all’IA di dispiegare tutte le sue potenzialità.

Infine univoche, perché l’intelligenza artificiale generativa è e sarà (o comunque dovrà essere) patrimonio di tutti. Ma non sarà facile rendere accettabile a ogni latitudine un unico insieme di regole e divieti. Basti pensare, nell’ambito della protezione dei dati, alle profonde differenze tra la stringente normativa europea, col GDPR, e quella statunitense.

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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