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Immortals of Aveum: la nostra recensione

Piccolo team di sviluppo, grandi nomi dietro di esso. Questa è la premessa dalla quale nasce Ascendant Studios, l’ambizioso quanto ridotto gruppo di sviluppatori che si è unito, guidato dal padre di Dead Space e direttore creativo di alcuni Call of Duty, Bret Robbins. Dall’idea di questo manipolo di persone è nato uno sparatutto interessante e molto gradevole: Immortals of Aveum. Uscito lo scorso 22 agosto su PlayStation 5, dove lo abbiamo messo alla prova, e su PC, questo FPS action ci ha conquistato fin dal menu principale, e man mano che ci siamo addentrati nell’avventura, le nostre opinioni si sono consolidate sempre più.

La nostra recensione di Immortals of Aveum

L’obiettivo principale del team era quello di unire le meccaniche dei più patinati sparatutto in prima persona a un’ambientazione fantasy affascinante, con un comparto narrativo complesso e ben curato. Di sicuro abbiamo ritrovato questi pilastri della storia di Immortal of Aveum, che ci hanno fatto catapultare in un mondo dominato dalla magia, ma altrettanto dilaniato da un conflitto secolare, e che rischia di condannare il pianeta. Facciamo fin da subito la conoscenza di Jak e Luna, i più maturi di un gruppo di trovatelli, che vivono nei bassifondi di Lucium, fino a quando l’intero quartiere non viene distrutto da una nave del regno nemico, Rasharn.

Solo quando Jak si ritrova solo (e vi evitiamo le motivazioni per non anticiparvi troppi spoiler), si risveglia in lui il potere dei triarca, ossia maghi parecchio rari e in grado di controllare i tre i colori della magia di Aveum. Così il ragazzo decide di addestrarsi per diventare un Magus e schierarsi al fianco della sua gente. Segue dunque il suo addestramento sotto le direttive della comandante dell’esercito, l’affascinante e severa Kirkan, per riuscire a padroneggiare il Sigillo (un guanto per condurre l’energia mistica) e controllare le diverse magie.

Solo in questo momento, Jak potrà partecipare alla cosiddetta Sempiguerra, allo scopo di porvi fine e sconfiggendo il potente Sandrakk, per vendicare così i suoi amici…

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Non open world, ma opere di spettacolarizzazione

Ve lo anticipiamo, prima di potervi illudere in qualche modo. Immortals of Aveum non è un open world, anzi. E questo è un male? In parte sì, ma se ha significato ridimensionare l’attenzione alla costruzione di un mondo più ampio per lasciare più spazio a un focus maggiore sul gameplay, ben venga. Abbiamo infatti potuto godere di una struttura di gioco complessa e accurata, non troppo dispersiva e sempre con il focus ben presente.

Non a caso, per aiutarci nell’impresa, abbiamo sempre a disposizione il punto di arrivo che dobbiamo raggiungere, senza la precisione di indicarci perfino i metri di distanza, ma non serve questo dettaglio, non trattandosi appunto di un open world. Gli obiettivi che il sistema ci prefissa sono tutti velocemente raggiungibili e senza dispersione di attenzione qua e là, con pochi oggetti secondari da raccogliere, ma fondamentali per darci qualche informazione in più sul mondo di gioco.

Tutto bene dunque, o quasi. I vari scenari, dalle dimensioni variabili, sono separati da un breve caricamento, ma non costruiti alla perfezione. Abbiamo a disposizione un hub piuttosto ampio e ricco di stanze e NPC con cui parlare, però non abbiamo delle indicazioni precise che ci possono condurre a perdere delle attività secondarie, ma pur sempre interessanti. E non è l’unica pecca tecnica che abbiamo riscontrato.

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Le terre del mondo di Aveum, tra scontri e tesori

Oltre a un piccolo neo che abbiamo appena citato, anche la difficoltà nel gameplay ci richiede un minimo grinding, ma senza un vero e proprio sistema che inquadri e supporti questa richiesta. Lo stesso gameplay ci chiede di spostarci spesso da un’arena all’altra, prima a piedi e poi attraverso portali, così da esplorare in lungo e in largo i luoghi che si presenteranno spesso pieni di nemici sempre più numerosi e pericolosi. Non di solo sangue e attacco si caratterizza Immortals of Aveum: anche l’esplorazione ci offre spesso ricompense, ma non eccessive. Tra forzieri, puzzle ambientali, sezioni platform e sfide extra, non mancheranno le occasioni per cimentarci anche in questa attività.

immortals of aveum

Proprio raccogliendo risorse e oggetti, andiamo ad arricchire l’inventario e i talenti di Jak, potenziando i nostri dispositivi e poteri e sviluppando di conseguenza anche l’albero delle abilità, che si dirama in tre direzioni. Sono proprio queste capacità di potenziamento che ci consentono di vivere al meglio l’esperienza di combattimento in Immortals of Aveum, dove dopo diverse ore di gioco si nota un deciso cambio di registro nel ritmo della partita. Assistiamo a una mitragliata di colpi da lanciare contro nemici sempre più numerosi e coriacei, senza dimenticare i mini-boss da togliere di mezzo.

Ci ritroviamo così in uno schema quasi da run & gun, considerando la facilità con cui gli avversari riusciranno a sconfiggerci. Nemmeno in fase finale sembra migliorare la situazione, tra arene dove la sopravvivenza è molto difficile ad avversari con barriere da sfondare che richiedono colpi specifici per essere distrutte. E i nemici? Saranno sempre gli stessi? Per nulla: avremo a che vedere con tante tipologie di combattenti, ciascuno da sconfiggere con tattiche differenti, così come anche i boss ci chiederanno di mettere in campo strategie sempre diverse. Un ottimo allenamento anche per il giocatore e le sue abilità di elaborazione di piani d’attacco da impostare e mettere in pratica.

Un comparto grafico e sonoro (quasi) impeccabili

Un gioco che finora funziona, al netto di qualche sporcatura qua e là, ma niente di imbarazzante. E il team di Ascendant Studios si è parecchio impegnato anche per quanto riguarda il comparto artistico e sonoro, dove quest’ultimo ci ha conquistato fin dall’inizio. Se l’ambizione connota il videogioco dall’inizio alla fine, non è un caso che il progetto sia stato realizzato in fase finale su Unreal Engine 5.1, oltre a supportare le funzionalità Lumen e Nanite. Il primo titolo per next-gen che debutta con queste specifiche, così che la performance del motore grafico sia ancora più fluida e senza intoppi. Tutto vero, o quasi.

Si fa presto a notare anche qui qualche intoppo. Se il gioco riesce nella realizzazione artistica di fondali, scenari e concept design in generale, con panorami suggestivi e convincenti, così come i personaggi si avvicinano al fotorealismo in alcuni filmati, non possiamo elogiare allo stesso modo le prestazioni tecniche. Il frame rate si è mostrato parecchio variabile, per quanto le battaglie dense di azione siano comunque ben gestite, ma non lo stesso avviene nella visualizzazione di glitch e bug grafici in alcuni fondali e nella resa complessiva dei personaggi durante l’azione.

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Quantomeno ci soccorre il doppiaggio completamente in italiano e con sottotitoli impostabili se necessario. Una delle tante opzioni previste nell’ampio menu personalizzabile all’interno delle impostazioni di gioco, oltre a prevedere tre difficoltà di gioco diverse, che impatteranno sulla difficoltà degli scontri.

La recensione di Immortals of Aveum in breve

In definitiva, Immortals of Aveum è un titolo che merita ampiamente di essere provato e di far parte della vostra libreria videoludica. Un FPS che si distingue per concept grafico originale e per una complessità e stratificazione del gameplay ben concepita, con l’unica pecca di soffrire della “sindrome di Icaro”: aver osato un po’ troppo. L’ambizione ha così condotto Ascendant Studios a spingersi oltre limiti che il software non ha saputo reggere, ma non in maniera così inficiante per il giocatore. Chiariamoci: le partite sono assolutamente godibili e sfidanti, senza troppe distrazioni e perdita di vista dell’obiettivo. Un titolo sfidante e ben studiato, solo con un obiettivo posto troppo al di sopra delle performance concrete. Nel complesso, ben fatto e soddisfacente.

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Immortals of Aveum PS5 | Videogiochi | Italiano
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Francesca Sirtori

Indielover, scrivo da anni della passione di una vita. A dispetto di tutti. Non fatevi ingannare dal faccino. Datemi un argomento e ne scriverò, come da un pezzo di plastilina si ottiene una creazione sempre perfezionabile. Sed non satiata.

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