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Gli Editoriali di Tech PrincessRubriche

Tokyo 2020, i Giochi dell’inclusione e della consapevolezza

Pubbliche prese di posizione su argomenti scottanti di etica e politica: sembra ormai lontano il luogo comune dell’atleta ignorante

Che Tokyo 2020 sia un’Olimpiade del tutto anomala è fuori discussione.

Ce ne siamo accorti seguendo le polemiche sulla possibilità di annullare questi Giochi olimpici, caldeggiata sino all’ultimo soprattutto dalla popolazione, timorosa per l’aumento dei contagi. E ne abbiamo avuto conferma quando è stato deciso che la XXXII Olimpiade si sarebbe sì disputata, ma senza la cornice del pubblico.

Ora che i Giochi olimpici sono nel pieno dello svolgimento, però, ci stiamo rendendo conto che questa edizione molto probabilmente verrà anche ricordata per altro. Ci sembra infatti che ci sia un forte legame tra Tokyo 2020 e l’inclusione. Più nel dettaglio, le Olimpiadi in corso stanno presentando al pubblico una nuova figura di atleta, non più inconsapevole del mondo che lo circonda. Ma al contrario pronto a rivendicare, ad esempio, la propria omosessualità. Oppure, addirittura, a rinunciare a una gara per motivi politici.

Capiamo meglio cosa sta succedendo in queste Olimpiadi, e perché potremmo definire Tokyo 2020 come i Giochi dell’inclusione.

Tokyo 2020 e l’inclusione: la cerimonia di apertura

Durante la cerimonia di apertura il presidente del CIO (Comitato olimpico internazionale), Thomas Bach, aveva in qualche modo preannunciato il carattere di queste Olimpiadi. Bach, tra le altre cose, aveva infatti detto: “I Giochi Olimpici di Tokyo 2020 sono una luce alla fine di questo tunnel buio. I Giochi Olimpici di Tokyo 2020 sono possibili solo grazie all’incredibile abilità dei nostri gentili ospiti, il popolo giapponese, per superare le avversità.

Nei prossimi giorni, gli atleti ci ispireranno tutti con la loro eccellenza atletica. In tal modo, lo faranno esemplificando il vero significato di Più alto, più veloce, più forte–Insieme. Questo è il messaggio olimpico che stiamo inviando insieme, da Tokyo e dal Giappone, nel mondo: sia nello sport, sia nell’affrontare le tante sfide nella vita, siamo sempre più forti insieme.”

Paola Egonu

Tokyo 2020 e l’inclusione: il motto delle Olimpiadi

Forse non sono in molti a conoscere il motto, o claim che dir si voglia, di Tokyo 2020. Eccolo: Diversity & Inclusion. Know Differences, Show Differences. Ovvero: Diversità e inclusione. Conosci le differenze, mostra le differenze.

Sembrano lontane anni le parole (che invece risalgono allo scorso febbraio) dell’ex presidente del comitato organizzativo, Yoshiro Mori. L’83enne Mori aveva detto: “Basta riunioni con troppe donne, parlano troppo”. Per la cronaca, Yoshiro Mori era stato prontamente sostituito con una donna, l’ex pattinatrice (ed ex Ministra per lo sport e le pari opportunità) Seiko Hashimoto.

Il nuovo comitato organizzativo

Il comitato organizzativo presieduto da Seiko Hashimoto ha subito mutato di segno, aprendosi alla diversità e facendo di Tokyo 2020 l’Olimpiade dell’inclusione. Si legge in una nota del comitato: “Viviamo in un mondo diverso, piuttosto che omogeneo, e le differenze tra noi abbracciano aree di ampio raggio, da razza, colore, sesso, lingua, religione. Accettare le differenze e rispettarsi consente di mantenere la pace e di continuare a sviluppare e prosperare la società.

Questa è l’essenza dei valori olimpici e paraolimpici e non c’è dubbio che lo sport possa aiutare a raggiungere questi obiettivi. Spero che i nostri Giochi diventino un’opportunità per influenzare la società giapponese. Vogliamo che il concetto di diversità e inclusione metta radici in Giappone come eredità quando calerà il sipario sui Giochi”.

Paola, Megan, Alice, Tom e gli altri

L’Italia pare aver colto al volo lo spirito che anima questi Giochi, eleggendo la pallavolista Paola Egonu a nostra portabandiera. L’Azzurra è una giovane donna di origine nigeriana, omosessuale dichiarata e fervida sostenitrice dei diritti dei gay. Egonu sembra raccogliere idealmente il testimone di Megan Rapinoe, capitana della squadra di calcio degli Stati Uniti, alla sua ultima apparizione a un’Olimpiade. Rapinoe, anche lei omosessuale, è un personaggio di culto non solo per il movimento LGBTQ+ ma per molti che hanno a cuore la libertà, che è tale solo se è di tutti.

Tokyo 2020 inclusione

Nei giorni scorsi sono poi balzate agli onori della cronaca le parole di Alice Bellandi, ventiduenne judoka italiana che a Tokyo 2020 punta a una medaglia.

Bellandi ha raccontato senza censure la propria vicenda intima. Non solo esplicitando il suo amore per Chiara ma anche i suoi grossi problemi nei confronti del cibo: una bulimia oggi risolta.

Alice Bellandi ha sradicato con fermezza alcuni luoghi comuni sulla presunta virilità di certi sport, tra cui proprio le arti marziali. E ha accennato al ddl Zan: “È un provvedimento sacrosanto. Istituire il reato di discriminazione omofoba sarebbe un deterrente contro l’arretratezza che ancora si annida in angoli del nostro Paese”.

Ancora più forti arrivano le parole di Tom Daley, perché provengono da una freschissima medaglia d’oro (nei tuffi sincronizzati dalla piattaforma di 10 metri). Daley dopo la vittoria ha detto: “Sono molto orgoglioso di essere un uomo gay e un campione olimpico. Spero che ogni persona LGBTQ+ possa capire che, a prescindere da quanto sola possa sentirsi, non è sola. Potete raggiungere qualsiasi traguardo, e la famiglia che vi scegliete sarà pronta a sostenervi”.

Si sono calcolati oltre 160 atleti appartenenti alla comunità LGBTQ+ a Tokyo: benvenuta inclusione!

Tokyo 2020 e la politica

Tokyo 2020 sta (finalmente) mostrando un nuovo tipo di atleta. Colto, informato, consapevole di sé e di ciò che gli succede attorno. Anzi: interessato a partecipare e, quando serve, a protestare.

Ne hanno dato dimostrazione i due judoka che si sono rifiutati di scontrarsi con un israeliano: si tratta di un algerino e un sudanese. L’algerino Fethi Nourine ha dichiarato: “Abbiamo lavorato molto per andare alle Olimpiadi, ma la causa palestinese è qualcosa di più grande”.

Non è certo questa la sede per approfondire l’annosa e complessissima questione israelo-palestinese. Ma senza dubbio le parole di Fethi sono l’ulteriore testimonianza del fatto che Tokyo 2020 sta ospitando atleti più che consapevoli del fatto che, al di là del proprio sport, c’è altro. Molto altro.

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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