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I risultati di Musk come CEO di Twitter (e perché i follower chiedono le dimissioni)

Dal 28 ottobre a oggi ha licenziato tre quarti della compagnia e ha fatto molto parlare di sé

Il 18 dicembre Musk ha chiesto con un sondaggio su Twitter se dovesse lasciare il social e il 57,5% dei rispondenti ha chiesto le sue dimissioni. Se dovesse davvero ascoltare la “Vox populi”, il regno di Elon Musk come CEO di Twitter durerebbe poco più di cinquanta giorni: quali risultati ha ottenuto in questo periodo il miliardario?

Twitter vuole le dimissioni di Elon Musk, i suoi risultati come CEO del social

Da prima dell’acquisizione per 44 miliardi di dollari del social network, Musk aveva spiegato che non avrebbe voluto restare CEO di Twitter per sempre. Ma i tempi sembrano stringersi, soprattutto perché gli investitori della sue altre compagnie e soprattutto di Tesla, vera fonte del suo patrimonio, vorrebbero tornasse a occuparsi di auto elettriche a tempo pieno. Dopo che Musk ha venduto 3,4 miliardi di euro di azioni Tesla, il loro valore arriva quasi al 50% di quello dell’anno scorso. Tanto che non è più l’uomo più ricco al mondo.

Ma dall’altro lato, solo giovedì scorso Musk scriveva in risposta a un tweet che “Nessuno che vuole il lavoro potrebbe davvero tenere Twitter in vita. Non c’è un successore”. Anche perché sembra difficile trovare una personalità che possa gestire la compagnia con Musk ancora proprietario e molto attivo sulla piattaforma. Se Musk lasciasse il controllo di Twitter come CEO, i suoi sondaggi avrebbero ancora valore decisionale? O il nuovo amministratore potrebbe ignorarli (senza finire licenziato). Dopo il clamoroso esito del sondaggio che ha chiesto le sue dimissioni, Musk si è limitato a ritwittare post istituzionali di Tesla e SpaceX. Ma quanto durerà questa calma?

Inoltre, la situazione che Elon Musk lascerebbe al nuovo CEO di Twitter non è affatto idilliaca: i risultati ottenuti in questi cinquanta giorni rendono la società meno solidità di quando l’ha acquistata.

Uno staff ridotto all’osso

Quando Musk entrò negli uffici di Twitter con un lavandino (per lasciare che la notizia “sink in”) il 28 ottobre, uno dei primi step fu fare piazza pulita della dirigenza in carica. Entro poche ore cacciò il CEO Parag Agrawal, il CFO Ned Segal e il capo di policy per sicurezza e privacy Vijaya Gadde. Nelle prime due settimane se ne andarono i responsabili di privacy, moderazione, pubblicità, marketing. Sostituiti da una cinquantina di ingegneri di Tesla, chiamati a fare un doppio lavoro di emergenza.

elon musk twitter

Il 4 novembre, Twitter iniziò anche a licenziare i dipendenti a vario livello della società, con una email che comunicava il licenziamento dopo aver chiesto ai capo reparto di riassumere il lavoro di ogni lavoratore con due righe. L’obiettivo era licenziare il 50% dei 7.500 dipendenti, ma dopo l’ultimatum di Musk a chi era rimasto, tantissimi altri lavoratori hanno lasciato la compagnia. Ora Twitter ha poco più di 2.000 dipendenti, il 25% circa di quanti ne aveva cinquanta giorni fa.

A questi licenziamenti si aggiungono i lavoratori indipendenti sotto contratto con Twitter: secondo Platformer un numero da 4.400 a 5.500 avrebbe perso il lavoro con il social. Anche il personale delle pulizie ha perso il posto, sostituito da robot.

Diversi ex-lavoratori di Twitter hanno denunciato i licenziamenti, con un ingegnere che ha raccontato la sua storia all’Economist e un gruppo di dipendenti donne che ha denunciato perché i tagli hanno colpito il 57% delle donne in azienda, contro il 47% degli uomini. Sembra che i dipendenti che hanno contestato il licenziamento siano almeno 1.200.

Oltre ai tagli al personale, anche agli spazi fisici e alle infrastrutture (compresi i server): sembra che Musk voglia risparmiare un miliardo di dollari in questo ambito, secondo Reuters.

I risultati di Elon Musk come CEO di Twitter: far pagare le spunte blu

Se i licenziamenti hanno rappresentato la prima e più ingombrante eredità fra i risultati di Elon Musk come CEO di Twitter, le “spunte blu” a pagamento sono la seconda. Su Twitter, un checkmark blu assicura che l’account sia verificato: una certificazione per aziende di grandi dimensioni, personalità note, giornalisti. Musk ha deciso di rendere questo contrassegno acquistabile come parte dell’abbonamento Twitter Blue, anche per giustificarne il raddoppio del prezzo.

Musk ha voluto lanciarlo in fretta, appena arrivato. Ma da subito ha dovuto posticipare dopo le elezioni di Midterm in America (in cui ha consigliato di votare Repubblicano). Il giorno del lancio, Twitter era nel caos. Tantissimi utenti hanno acquistato le spunte blu, per poi cambiare il proprio nome e fingersi personalità e aziende. Super Mario ha fatto il medio a Twitter da un finto account Nintendo, un finto LeBron James ha finto di cambiare squadra. E diverse aziende hanno subito danni. Il caso eclatante quello della compagnia Eli Lilly: un finto account ha promesso che avrebbe fornito insulina gratuitamente, facendo crollare il titolo in borsa.

elon musk caos twitter

Nei giorni successivi, era comparsa una scritta “Ufficiale” accanto al nome degli account che prima erano verificati, ma Musk l‘ha “uccisa” con un tweet. L’11 novembre Twitter ha sospeso la novità, promettendo che sarebbe tornata il 29 novembre. Ma poi ha rimandato il lancio per trovare un modo di evitare le impersonificazioni. E anche per aggirare la percentuale del 30% su iPhone, dove l‘abbonamento costerà quattro dollari in più.

Twitter il 12 dicembre ha finalmente lanciato il nuovo Twitter Blue in maniera (forse) definitiva con diverse novità importanti. Come una spunta oro per le aziende e una grigia per le istituzioni, oltre alla possibilità di abbonarsi solo per chi è iscritto da almeno 90 giorni e attivo negli ultimi 30 (per evitare, il più possibile, bot e troll). Arrivano inoltre le Community Notes da 4.000 caratteri, per chi vuole creare post più lunghi ed esaustivi. Il servizio non è tuttavia disponibile per l’Italia, almeno per ora. Twitter ha promesso inoltre altre novità nel prossimo futuro, come la possibilità di postare video più lunghi e di vedere metà pubblicità.

La moderazione e l’addio degli inserzionisti più importanti

La débâcle di Twitter Blue ha portato diversi grandi inserzionisti a togliere le proprie pubblicità su Twitter (che vale oltre il 90% degli introiti per il social). Tre delle principali agenzie pubblicitarie americane hanno sostenuto che il rischio per le immagini delle aziende sia troppo elevato, specie dopo l’episodio Eli Lilly. Twitter ha offerto vantaggi economici importanti per convincere gli inserzionisti a tornare sulla piattaforma.

Ma diversi esperti hanno sostenuto, pubblicamente e con i clienti, che Twitter in questo momento non sembra in grado di far rispettare le regole di moderazione (che pure restano invariate dopo l’arrivo di Musk). In particolare, l’enfasi di Musk sull’importanza della libertà di parola sembra aver spinto diversi troll a comportarsi in maniera becera su Twitter. Il Network Contagion Research Institue ha sottolineato come nelle dodici ore dopo l’acquisizione di Musk, l’uso dell’epiteto razzista per nero (quello che gli americani definiscono “n-word”) è aumentato del 500%.

Il fatto che, dopo aver assicurato al NAACP (ente anti-razzista americano) che non avrebbe reintegrato gli account bannati per hate speech, Musk si sia rimangiato la parola data è considerato un altro problema d’immagine importante. Musk ha reintrodotto gli account di diversi utenti bannati e dell’ex-presidente Trump dopo dei sondaggi sul proprio account personale.

La cancellazione del Comitato per la Sicurezza di Twitter, ente che voleva dare un consiglio super partes sulle pratiche di moderazione, viene visto come un ulteriore dimostrazione del fatto che, seppur le policy non siano cambiate, la loro applicazione lo è.

Le altre idee di Musk e i risultati ottenuti dal CEO di Twitter

In questi 50 giorni particolarmente confusionari, Musk ha tenuto sempre un obiettivo in testa: quello di Twitter 2.0. Una serie di novità che dovrebbero portare l’app social a diventare una “superapp”, capace di fornire diverse funzionalità agli utenti. Il nuovo checkmark di Twitter Blue rientra teoricamente fra le novità di questo Twitter 2.0. E finora è l’unica che Musk ha tentato.

Elon Musk Twitter 4

Fra le altre cose ci sono i video come nuova forma di introiti, “resuscitando” Vine, l’app social che Twitter aveva comprato e poi chiuso. Musk ha dichiarato di poter fornire percentuali migliori di YouTube ai creativi, anche se per adesso mancano dettagli a riguardo.

Fra le altre novità nella presentazione di Musk, la “pubblicità come intrattenimento” (con quiz e test senza lasciare l’app di Twitter), i messaggi criptati (su questa sembra che ci sia già un team dedicato), tweet lunghi in stile blog (come quelli arrivati nel nuovo Twitter Blue). Ma soprattutto la possibilità di utilizzare Twitter per i pagamenti, trasformando il social in una banca digitale: secondo il New York Times, avrebbe depositato la documentazione al Ministero del Tesoro. Sembrerebbe che Musk stia per lanciare una crypto chiamata Twitter Coin, anche se non è ancora confermato.

Le possibilità non mancano quindi, anche se sono copioni che Twitter (video) o Musk (pagamenti con PayPal) hanno già recitato. Tuttavia, difficile contarle come risultati di Elon Musk come CEO di Twitter quando i progetti più eclatanti sono ancora solo progetti senza una data d’uscita. E senza saper se avranno successo.

L’eredità di Musk sui social

Nonostante la lunghezza di questa articolo (per cui ci scusiamo), abbiamo solo grattato la superficie di tutte le notizie che hanno riguardato Musk in questi cinquanta giorni. Senza dubbio, fra i risultati di Musk come CEO di Twitter c’è l’aver riportato il social al centro della discussione. Anche se Twitter dovrebbe essere la “piazza” su cui si discute, non l’oggetto della conversazione.

Il dinamismo di Musk ha trovato molti sostenitori e tantissimi detrattori. Ma il fatto che dopo solo 50 giorni la “luna di miele” con gli utenti sia terminata e la maggior parte degli utenti (soprattutto fra i suoi stessi follower) abbia chiesto le sue dimissioni come CEO, ha un peso impossibile da negare.

Non sappiamo se Musk rinuncerà davvero al titolo di “Chief Twit“, ma di certo sembra che i tweeter non abbiano apprezzato molto il suo operato. Voi cosa ne pensate? Fatecelo sapere nei commenti.

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Source
Vox

Stefano Regazzi

Il battere sulla tastiera è la mia musica preferita. Nel senso che adoro scrivere, non perché ho una playlist su Spotify intitolata "Rumori da laptop": amo la tecnologia, ma non fino a quel punto! Lettore accanito, nerd da prima che andasse di moda.

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