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E luce fu: come funziona il Ray Tracing nei videogiochi

Scopriamo insieme i dettagli dietro ad una delle tecnologie più eccitanti del panorama videoludico

Dopo aver giocato un ruolo fondamentale, ma di cui forse non ci siamo neppure accorti, nel cinema, il ray tracing è entrato prepotentemente anche nel mondo dei videogiochi.

Ma che cos’è il ‘Ray Tracing’ e come funziona? E’ una tecnologia per la creazione di luci, ombre e riflessi all’interno di immagini e video in computer graphic, ed è destinata a cambiare (in meglio) il futuro dei videogiochi.

 Vediamo come.

Ray Tracing: cos’è e come funziona

Per quanto possa sembrare distante, il punto di partenza per capire come funziona il ray tracing è il mondo reale e il modo in cui la nostra vista lo percepisce. Per vedere qualunque cosa, infatti, i fotoni di cui è composta la luce (che può provenire dal sole o da un’altra sorgente) devono rimbalzarci sopra prima di arrivare al nostro occhio. La quantità di luce assorbita dall’oggetto durante il rimbalzo determinano il colore, la luminosità ed eventuali riflessi.

Come suggerito anche dal nome, il ray tracing (tracciamento del raggio) non fa altro che emulare questo processo fisico in maniera digitale. Quando si vuole renderizzare una scena (ovvero trasformare l’insieme di dati riguardanti luci, oggetti e materiali presenti in una immagine bidimensionale) il computer simula il percorso dei raggi di luce che arrivano alla ‘telecamera’ (ovvero la nostra prospettiva). Seguendo questi raggi fino alle varie sorgenti di luce, il computer può calcolare con precisione il colore e l’intensità luminosa di ogni pixel dell’immagine, tenendo conto anche di riflessi, bagliori o zone solo parzialmente in ombra.

ray tracing monster university
Monster University (2013) è il primo film animato dove luci, ombre e riflessi sono determinati usando solo il ray-tracing

Il risultato, se si utilizza un numero sufficientemente alto di raggi di luce, è molto realistico, proprio perché emula fedelmente la fisica del mondo reale.  Con il crescere del numero di raggi, però, cresce anche il costo computazionale, ovvero il tempo e la potenza necessari a renderizzare ogni singola scena. Questo è il principale motivo per cui fino a pochi anni fa il ray tracing era stato applicato solo nell’industria cinematografica per gli effetti speciali e per i film di animazione. In questi contesti è infatti accettabile che il rendering di un singolo fotogramma possa richiedere minuti, ore o anche giorni. Lo stesso non è ovviamente vero per i videogiochi, dove il rendering dev’essere in tempo reale. Cos’è cambiato quindi negli ultimi anni, per permettere l’arrivo del ray tracing anche nel panorama videoludico?

Una storia di compromessi

Anche senza ray tracing, l’industria videoludica è stata in grado di offrire dei prodotti graficamente molto avanzati e realistici. Per ottenerli sono stati però spesso escogitati dei trucchi, spesso quasi invisibili ai giocatori, capaci di restituire risultati ottimi ad un basso costo computazionale, un requisito necessario per riuscire a produrre 30, 60 o più fotogrammi al secondo mentre il giocatore gioca.

ray tracing the witcher shadow mappingPer quanto riguarda le ombre e la luce, una delle tecniche più popolari riguarda lo shadow mapping. Con questa tecnica, prima che la scena del videogioco sia renderizzata dal punto di vista del giocatore, si va a guardare la prospettiva delle fonti di luce (il cui numero dipende anche dalla complessità grafica del gioco). In questo modo si può controllare quali punti degli oggetti e delle superfici sono ‘visibili’ alla sorgente luminosa e quindi illuminati da essa. L’immagine risultante, per quanto di solito adeguata, tende comunque ad avere ombre molto nette, e necessita spesso di ulteriori manipolazioni che tengano conto di luci diffuse e illuminazioni ambientali.

assassin's creed
Per aggirare il problema, molti specchi nei giochi sono rotti o direttamente non funzionano

Anche per le superfici riflettenti, come specchi d’acquaoggetti metallici e soprattutto specchi, gli sviluppatori si sono dovuti spesso ingegnare. Per ottenere riflessi realistici, infatti, è sostanzialmente necessario renderizzare una seconda volta l’ambiente di gioco, includendo magari anche oggetti non visibili direttamente (e che quindi normalmente non verrebbero renderizzati). Per rimediare a questo problema e limitare il numero di calcoli, spesso i riflessi, se presenti, sono limitati agli oggetti fissi della scena e ad alcuni oggetti in movimento, come il giocatore.

L’era del ray tracing

Nonostante la presenza di queste tecniche, gli sviluppatori da tempo guardavano al ray tracing come il prossimo passo in avanti per il panorama videoludico. Ad aprire le porte a questa nuova era è stato il produttore di schede grafiche NVIDIA, che nel 2018 ha presentato la serie RTX dotata di architettura Turing. Tra le varie migliorie incluse in questa nuova generazione è stato infatti incluso anche dell’hardware dedicato proprio al supporto del ray tracing.

ray tracing riflessi battlefield V
Battlefield V, dove il Ray Tracing è usato per i riflessi Sinistra: Ray Tracing Off; Destra: Ray Tracing On

La versione di questa tecnologia supportata da NVIDIA, dovendo girare in tempo reale, non è comunque paragonabile ai rendering cinematografici. Anche in questo caso sono utilizzati alcuni trucchi per ridurre la potenza di calcolo necessaria: innanzitutto il numero di raggi seguiti, e il numero di rimbalzi che possono fare, è limitato. Questa riduzione da sola, però, crea delle ombre molto “rumorose”, con bordi frastagliati e chiazze. Per questo è necessario applicare  anche degli altri algoritmi che tolgano questo rumore e permettano di ottenere un’immagine realistica.

Minecraft ray-tracing nvidia
Temples e Totems RTX

Per migliorare ulteriormente il compromesso tra performance e qualità grafica, inoltre, molti giochi possono scegliere di implementare solo parzialmente il ray tracing. Si può decidere infatti di usarlo solo per le ombre (come in Shadow of the Tomb Raider) o solo per i riflessi (come Battlefield V), renderizzando il resto in maniera più tradizionale. Non mancano comunque giochi che hanno deciso di prendere pieno vantaggio di questa tecnologia, come Metro Exodus e più recentemente Minecraft.

Il futuro dei videogiochi

Nonostante siano passati due anni dall’annuncio di NVIDIA il supporto al ray tracing non è ancora diffuso in maniera popolare, sia perché la serie RTX è abbastanza costosa rispetto ad altre alternative sia perché supportare questa tecnologia richiede comunque un investimento in più da parte degli sviluppatori.

Questo però non vuol dire che le cose non siano cambiate o che non cambieranno: nel 2019 NVIDIA ha annunciato un aggiornamento con il supporto al ray tracing anche per le già uscite schede della linea GTX. I calcoli necessari ad implementare questa tecnica possono infatti essere anche a livello software. La mancanza di hardware dedicato comporta ovviamente un maggior compromesso in termini di performance, ma rimane un allargamento della base delle persone con la possibilità di sfruttare il ray tracing.

La novità più importante, però, deve ancora arrivare: si tratta del supporto al ray tracing da parte sia di Xbox Series X che di PlayStation 5, la prossima generazione di console di Microsoft e Sony. Come per molte novità nel mondo del gaming, se è vero che il PC è quello che traina verso nuove frontiere tecnologiche e grafiche, sono poi le console a portare queste novità in maniera diffusa tra i giocatori. Con il supporto delle console,  infatti, molti più titoli (anche nelle loro versione per PC) vedranno integrato il ray tracing. È inoltre molto probabile che con l’arrivo annunciato della tecnologia sulle GPU di AMD il costo di un computer capace di sfruttarla diminuisca drasticamente.

Noi siamo pronti

Il futuro del gaming sembra destinato ad abbracciare completamente questa novità e noi, da videogiocatori, non possiamo che essere felici ed eccitati per la probabile ondata di titoli graficamente bellissimi ed immersivi in cui perderci per ore e ore di gioco. L’unica cosa che ci resta da fare, al momento, è avere ancora un po’ di pazienza.

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